Nel corso di un’intervista a Repubblica, l’autore de “La spiaggia infuocata” e “Il destino del leone” riconosce che, insieme all’amore per l’Africa che gli ha dato i natali, è stata la caccia a fare di lui uno scrittore.
«Avevo otto anni quando mio padre mi regalò il mio primo fucile, un Remington 22». Nel corso dell’intervista a Claudia Morgoglione, pubblicata su Repubblica di oggi, lo scrittore Wilbur Smith risponde così alla domanda sul motivo per cui la caccia sia stata, e continui a essere, così importante nella sua vita e nella sua professione. È dal padre che Smith ha ricevuto un codice rigoroso («un sistema d’onore»: rispetto delle norme di sicurezza, sparo pulito, cacciare solo ciò che poi si mangerà) che ha contribuito a formarlo non solo come cacciatore. Wilbur Smith, il cui nuovo romanzo “Leopard Rock” è prossimo all’uscita in libreria, non si lascia impressionare però da un mondo in cui la caccia è sempre meno popolare e le abitudini alimentari sono profondamente cambiate. È conseguenza del tempo che passa: «quando sono nato io, negli anni Trenta», spiega, «non c’erano né macellerie né supermercati. Se volevi mangiare proteine, dovevi andare a caccia».