Arrivati alla 25esima tappa cinematografica (No time to die) dell’agente segreto più famoso al mondo, James Bond, alias 007, nato dalla penna dello scrittore Ian Fleming (1908-1964), ripercorriamo la storia d’amore con la sua inseparabile compagna custodita nella fondina ascellare, la Walther Ppk.
Dopo numerosi rinvii a causa del Covid-19, l’ultima tappa della saga di James Bond è arrivata nei cinema a fine settembre, con la sua 25esima tappa intitolata “No time to die”, firmata dal regista Cary Fukunaga.
È la quinta (e ultima) pellicola con protagonista l’attore britannico Daniel Craig che, nella locandina principale, è ritratto con il classico smoking d’ordinanza e l’inseparabile Walther Ppk in pugno. Quello per la piccola tedesca è un amore lungo ultradecennale, sbocciato nel quinto libro su James Bond di Ian Fleming – Dr. No – da cui fu tratto il primo film della saga, uscito nel 1962 con Sean Connery nei panni di 007.
Cambio della guardia con la Walther Ppk
A dire il vero la Ppk non è stata la prima arma di James Bond. Nei cinque romanzi precedenti “Dr. No” (tra cui il primo e celeberrimo “Casino Royale” del 1953) Bond utilizza una Beretta 418 in calibro .25. Nel secondo capitolo di “Dr No” avviene il… cambio della guardia, in una scena ripresa quasi integralmente nell’omonimo film.
Bond, convocato a Londra nell’ufficio del suo capo M, è costretto a dire addio alla sua Beretta modello 1934 dopo 15 anni di onorato servizio e ad adottare la sua compagna di viaggio: una Walther Ppk calibro 7,65, consegnatagli dal responsabile equipaggiamento, il maggiore Boothroyd (in realtà, la Walther usata in quella scena è una Pp camerata in .380 Acp, leggermente più grande).
Il motivo di questo cambiamento è nel libro precedente, Dalla Russia con amore, nel quale Bond rimane ferito a causa del silenziatore della Beretta che s’impiglia nella cintura dei pantaloni.
Più nel dettaglio, Boothroyd dice a Bond di aver selezionato un quartetto dopo 5mila colpi sparati con ognuna di loro: la giapponese M-14, la russa Tokarev, la Sauer M-38 e la Walther Ppk. Di quest’ultima Boothroyd dice di apprezzare la bontà dello scatto e il fondello del caricatore che ne accresce l’impugnatura; senza contare la maggior disponibilità di munizioni in tutto il mondo.
La scelta della Beretta nei primi romanzi di Bond è legata al fatto che Fleming la usò durante la Seconda guerra mondiale quando era nell’intelligence navale: immaginava che fosse un’arma appropriata a un agente segreto in missione sotto copertura.
Da persona a personaggio
Il nome del maggiore che consegna la prima Walther a Bond è legato a Geoffrey Boothroyd, maggiore dell’esercito in pensione e collezionista di armi di Glasgow che scrisse a Ian Flemming per esprimergli il suo apprezzamento per i romanzi e, contemporaneamente, il suo disappunto per le armi che l’agente segreto adotta nei romanzi.
In particolare, la Beretta era “un’arma per signora” e con poco potere d’arresto: andava quindi sostituita con un modello più performante (da lì nacque la scena del film “Dr No” citata in precedenza). Flemming fu colpito dalla mole di conoscenze armiere di Boothroyd e lo inserì perfino nel romanzo.
Inizialmente Boothroyd consigliò a Fleming di usare un revolver come lo Smith&Wesson Centennial Airweight: non aveva il cane esterno e, quindi, non si poteva impigliare nei vestiti di Bond. Ma Fleming voleva che Bond avesse una pistola automatica. Da lì, il consiglio di Boothroyd: la Walther Ppk in 7,65 mm. Sia nel libro sia nel film, Bond non abbandona a cuor leggero la sua Beretta, anzi: Fleming lo definisce “triste”. Tanto che, mentre lascia l’ufficio di M con la nuova arma, Bond cerca di prendere la sua vecchia Beretta nascondendola sotto la scatola di legno della Ppk.
Ma M non si lascia ingannare e ordina di nuovo a 007 di lasciare la vecchia pistola.
Un omicidio sospetto
Curiosità della vita reale: Fleming chiese a Boothroyd una Smith&Wesson 38 da impiegare come modello per la copertina del volume Dalla Russia con amore, prossimo alla stampa. Caso volle che a Glasgow fu commesso in quei giorni un omicidio con una calibro .38; alla polizia che interrogò Boothroyd, Fleming dimostrò che l’arma era a Londra e, quindi, estranea all’omicidio, ottenendo l’eterna riconoscenza del collezionista.
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