Sulle corrette modalità d’uso dell’arma di servizio arriva la sentenza della Cassazione, che assolve il poliziotto dalla cui pistola partì accidentalmente il colpo mortale.
Non fu omicidio colposo, la vicenda giudiziaria si chiude qui e la Cassazione fa luce sulle corrette modalità d’uso dell’arma di servizio. Pubblicate le motivazioni: i giudici spiegano perché abbiano respinto il ricorso dei parenti del defunto e confermato l’assoluzione dell’assistente di polizia dalla cui pistola partì il colpo mortale. Perché, anche se non è regola generale agire con la sicura disinserita e il colpo in canna come invece accaduto, per un operatore di polizia è utile mantenere una prassi omogenea. Ciò serve a “non ritrovarsi in una situazione di incertezza ed evitare errori”. E l’assistente capo suo malgrado coinvolto era solito non tenere la sicura inserita “perché esperto nell’uso delle armi”. Lo dimostra quanto accaduto nel 2002, dieci anni prima dell’evento in esame. L’agente aveva sventato, pistola in pugno, una rapina a mano armata senza sparare neppure un colpo. In più stavolta era capopattuglia e in una posizione rischiosa.
Non ci fu colpa: la sentenza della Cassazione chiarisce le modalità d’uso dell’arma di servizio
Già, ma che cosa era successo? Giugno 2012, una Golf trasporta un carico di droga lungo la statale 223 che da Siena arriva a Grosseto. La polizia, che è venuta a saperlo grazie ad alcune intercettazioni telefoniche, allestisce un posto di controllo. L’auto si ferma e viene circondata da quattro poliziotti, mentre altri quattro restano nei paraggi. Per eludere l’azione di uno degli agenti che tenta di strappare le chiavi dal cruscotto e spegnere il motore, il conducente dà gas e sterza colpendo alle gambe il capo assistente. Dalla sua pistola parte il colpo mortale.
La Corte di Appello aveva già ribaltato la sentenza sfavorevole emessa dal gup nel rito abbreviato. Se si parla di uso dell’arma di servizio, può essere legittimo tenere la pistola col colpo in canna e senza sicura. Avrebbe potuto esserci bisogno di sparare in aria a scopo intimidatorio, o verso le ruote in caso di fuga. In più: il poliziotto ha sparato nel momento in cui è stato colpito dall’auto alla gamba. Ciò ha determinato “divaricazione-sollevamento dell’arto del poliziotto, emi-rotazione ed estensione del corpo e chiusura istintiva a pugno della mano destra, sollecitazione del grilletto, anche tenuto conto dell’istintiva esigenza di mantenimento dell’equilibrio e di non abbandonare la pistola, e, quindi, causazione accidentale dell’evento omicidiario”.
È intuitivo, si chiude la sentenza, che “l’esigenza di difesa passiva, cioè di spostarsi, essendo improvvisamente partita la macchina, abbia impedito un adeguato coordinamento con la piena signoria sull’arma, cui venne impartito, pur non volendo, il comando di sparo”.