La strage di Ardea non può essere il pretesto per chiedere ulteriori restrizioni alla legge sulle armi.
La strage di Ardea è “un terribile caso di follia messa in atto da uno squilibrato con un’arma illegale”. Ma una volta ancora un fatto di cronaca diventa il pretesto perché i “soliti professionisti del disarmismo” tornino a chiedere una legislazione restrittiva sulle armi. Unarmi commenta così le reazioni di parte dell’opinione pubblica (“ideologiche e vessatorie”) dopo la tragedia di domenica.
Gli omicidi avrebbero potuto essere evitati se si fossero attivate “le procedure previste dall’ordinamento”, soprattutto perché di mezzo c’era “l’arma detenuta in passato dal padre e di cui si erano perse le tracce”. Unarmi ricorda che si tratta a tutti gli effetti di un’arma detenuta illegalmente: Pignani l’aveva “acquisita senza autorizzazione” e non l’aveva denunciata.
E dunque chi richiede una legislazione più restrittiva “ha finalità vessatorie nei confronti di chi detiene legalmente le armi”; in parallelo, è strumentale descrivere come “mere formalità” le procedure per il rilascio del porto d’armi. Unarmi assicura dunque che contrasterà “ogni proposta a carattere ideologico e vessatorio” che di fatto strumentalizza le vittime di una mancata applicazione delle leggi.
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