Dopo la sparatoria in Texas Antonio Bana (Assoarmieri) ricorda che sul controllo delle armi è impossibile instaurare un confronto tra la situazione americana e l’Italia.
Tra chi possiede legalmente le armi è maggiormente diffusa la cultura della sicurezza, che deriva sia dalla consapevolezza legata al loro uso sia dalla formazione ricevuta: dopo la sparatoria in Texas l’opinione pubblica torna a confrontarsi sulla diffusione e il controllo delle armi; e Antonio Bana, presidente di Assoarmieri, interviene nella discussione ricordando che l’ordinamento europeo, e in particolare italiano, è decisamente diverso da quello americano.
È vero che l’Italia è tra i primi Paesi al mondo per produzione ed esportazione di armi «grazie alle competenze della propria industria e al valore riconosciuto del made in Italy»; ma non ha senso pensare a un paragone con la situazione americana, nella quale il secondo emendamento riconosce il diritto di possedere armi. In Italia è invece in vigore una normativa severa per le procedure di rilascio della licenza sia per porto sia per detenzione; sono inoltre differenti le tipologie d’armi acquistabili; e l’armiere, primo presidio sul territorio, resta una figura chiave.
Bana nota inoltre che statisticamente un’elevata diffusione delle armi non porta in automatico a un maggior numero di omicidi; lo evidenzia il confronto tra gli Stati Uniti e l’Honduras, meno armi e più omicidi. Lo studio svolto nel 2018 da un gruppo di ricercatori della Sapienza dimostra che il sistema di controlli in Italia nel complesso funziona, solo il 5% degli omicidi è commesso con armi legalmente detenute; e che l’eccesso di difesa (solo il 2,54% degli eventi) di cui tante volte si discute ha scarsa rilevanza statistica.
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