Il farmacista che movimenta sostanze stupefacenti scadute ha tutti i motivi per essere autorizzato al porto di pistola per difesa personale.
Chi trasporta sostanze stupefacenti scadute per conto delle Asl ha diritto a difendersi in tutti i modi previsti dalla legge, “vista la situazione di oggettiva pericolosità ambientale” a cui è giornalmente sottoposto. E pertanto ha motivi a sufficienza per ottenere il porto di pistola per difesa personale. Il Tar della Puglia ha così restituito il porto d’armi a un farmacista, dirigente dell’Asl, a cui la prefettura lo aveva negato nel 2014. Il farmacista, “che ritira sostanze stupefacenti (oppiacei, cannabis, barbiturici, benzodiazepine e steroidi anabolizzanti, nda) dalle strutture ospedaliere, da farmacie territoriali e da grossisti per lo stoccaggio presso gli uffici dell’Asl e per il trasporto presso un inceneritore sito a circa 400 chilometri di distanza, per la distruzione”, non riceve alcun servizio di scorta. E la collaborazione con la polizia si limita alla sola “distruzione testimoniata” da parte dei Carabinieri del Nas.
È proprio la prefettura, che gli aveva negato il rinnovo di porto di pistola, a ignorare “l’oggettiva pericolosità dell’esposizione a un alto rischio per il funzionario” e a non provvedere a un servizio di scorta. Ma “la natura dei prodotti e il valore che essi potrebbero assumere nel caso fossero riciclati sul mercato delle tossicodipendenze sono tali da legittimare una rapina e configurano un reale pericolo per l’incolumità personale di chi è addetto allo smaltimento”. Per il Tar non è importante che le sostanze e le composizioni siano scadute o deteriorate: visti la delicatezza della situazione, l’incarico pubblico, l’assenza di scorta e il valore potenziale trasportato, non ci sono motivi per lasciare il farmacista privo di pistola.