Lo Smith & Wesson Model 27 cal. .357 Magnum è un revolver particolarmente affascinante: è stato il primo a fregiarsi del titolo di magnum nella cartuccia che la impiega
Gli esperimenti di potenziamento delle cartucce hanno sempre affascinato e attratto i vari appassionati e utilizzatori di armi corte, in particolare negli Usa, dove è consentita la caccia con la pistola. Questi esperimenti vennero condotti essenzialmente su due calibri: il .44 Special (che si è poi evoluto nel .44 magnum) ed il .38 Special (da cui è nato il .357 Magnum). Le due storie hanno qualcosa in comune: prima di tutto i risultati di questi esperimenti sono stati validissimi (sono tutt’ora tra i calibri da revolver più diffusi e venduti in tutto il mondo), poi i bossoli sono stati allungati rispetto a quelli nativi per aumentarne la capienza e, soprattutto, per impedire che vengano camerati in vecchie pistole non adatte a reggerne le pressioni; ma soprattutto sia la sperimentazione sia la prima produzione, sono avvenute sui robustissimi revolver Smith & Wesson con castello N, quello che viene descritto in queste pagine. Dagli esperimenti sul .38 Special nasce il Mod 27 (che inizia la sua produzione nel 1949), quello che è stato il primo ad essere camerato in una cartuccia nuova e moderna, il .357 Magnum per l’appunto, nato come evoluzione degli esperimenti condotti dal solito Elmer Keith, e ripresi successivamente dal maggiore Douglas B. Wesson e da Philip Sharpe. Rispetto al suo progenitore può vantare una velocità quasi doppia e un’energia cinetica quasi tripla, pur rimanendo dominabile e preciso. Ulteriore vantaggio delle armi camerate in .357 Mag, è quello di poter sparare tranquillamente le cartucce cal. 38 Spl, per potersi allenare in maniera più economica e meno stressante (sia per l’arma sia per il tiratore).
Il 38/44 Heavy Duty
È stato il primo castello N camerato in .38 Spl in modo da poter essere caricato in maniera molto più energica rispetto ai revolver tradizionali: la sigla infatti indica nelle prime due cifre il calibro effettivo, mentre nelle successive quello solitamente utilizzato in quel castello. Comunque il progetto piacque parecchio, e il pubblico ci si affezionò, tant’è vero che rimase in produzione fino al 1966, cioè per quasi vent’anni dall’uscita del Mod 27, che ne era l’evoluzione. C’è da chiedersi come mai la S&W abbia aspettato quasi 15 anni a immettere in produzione una serie ufficiale in questo calibro. La risposta è semplice: nel primo decennio erano in produzione i cosiddetti “Registered Model” che potrebbero essere definiti senza far torto a nessuno dei “pre-27”, essendo uguali a questo, ma erano costruiti su specifica richiesta del cliente, che poteva scegliere tra sette tipi di mire diverse, tre tipi di guancette, due finiture, due fogge diverse del cane e ben 23 lunghezze di canna differenti. Una volta che il cliente aveva scelto la sua configurazione ed inoltrata la richiesta, la S&W provvedeva alla costruzione, redigendo anche un certificato per il cliente e registrandolo per tenerne la statistica storica; da questo deriva il nome “Registered Model”. Poi gli eventi bellici hanno sconvolto i piani di produzione tanto della Casa di Hartford quanto quelli del resto del mondo e, dopo un triennio di ripresa con i “Registered Model” parte finalmente, nel 1949, la produzione ufficiale del Mod 27, che continua incessantemente fino al 1994. Le lunghezze di canna disponibili rimangono diverse: la 3” ½ (detta anche Fbi Model), la 4” (la più rara), la 5” (la più bella ed elegante), la 6” ½ (la più diffusa) e la 8” 3/8 (la più utilizzata dai cacciatori e tiratori di silhoutte). Che la versione con canna da 5” sia la più bella non lo penso solo io, ma la maggior parte degli appassionati di S&W (almeno di quelli con cui ho avuto il piacere di conversare) e dalla stessa Casa americana. Lo testimonia il fatto che ben quattro delle sei Mod 27 commemorative ufficialmente realizzate dalla Casa madre sono proprio in questa lunghezza di canne; aggiungerei anche che una delle due che ha canna di diversa lunghezza, è la replica di quella usata dal Generale Patton, e quindi riprodurne la lunghezza corretta era d’obbligo. Caratteristica unica della Mod 27, che la rende immediatamente distinguibile dal resto della produzione Smith, è quella di avere il top-strap zigrinato antiriflesso (negli altri modelli è solo sabbiato), particolare di una raffinatezza fuori dal comune. In effetti la pistola è precisa e ben rifinita come tutte le Smith & Wesson, ma l’equilibrio estetico della versione con canna da 125 mm è veramente imbattibile: se le lunghezze superiori risultano fin troppo slanciate (non dimentichiamoci che la canna è molto più sottile della Mod 29 in .44 Magnum), mentre quelle inferiori sono un po’ tozze, questa è veramente perfetta fino all’imperfettibile. Visto il peso e le dimensioni, anche le più toste cariche in .357 Magnum sono perfettamente controllabili, mentre quelle in .38 Spl sembrano quasi ridicole.
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Il parere dell’esperto
Roy Jinks, il famoso storico ufficiale della Smith & Wesson, con tanto di ufficio presso la sede principale, ha definito il Mod 27 come “la pistola più importante del ventesimo secolo”; non mi sembra un titolo da poco.
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Gli appassionati famosi
Parlavo nel testo di un modello commemorativo del generale Patton, che era solito sfoggiarne una coppia (uno per fianco) di esemplari nichelati con canna da 4”. Ma forse non tutti sanno che Jerry Miculek, il famosissimo tiratore ufficiale della Smith & Wesson, più noto per la sua maestria con il Mod 625 in .45 Acp (e di cui una versione porta il suo nome) ha utilizzato per anni una Mod 27 con canna in 8” 3/8 per la gare di pin-bowling, le divertenti competizioni in cui bisogna far cadere da un tavolo cinque birilli (di solito posti tra le 7 e le 10 yard) nel minor tempo possibile. Inutile dire che le abbia vinte quasi tutte, ma non mi sento di dare il solo merito alla pistola.
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Il top-strap
La parte di castello superiore, che porta la tacca di mira. È uno dei punti deboli di un revolver, il più importante e sollecitato dopo il tamburo: infatti è uno dei primi a cedere in caso di problemi di sovrappressione.