Di ritorno dallo SHOT Show di Las Vegas, la più importante fiera di armi, munizioni e accessori al mondo, è il momento di bilanci e di qualche riflessione.
Per l’esame delle novità presentate, rimandiamo al numero di marzo di Armi Magazine, che sarà in edicola il 20 febbraio e in distribuzione già a HIT, a partire dal prossimo 11 febbraio.
Il mercato rappresentato alla fiera, quello americano, è notoriamente molto diverso da quello europeo. Spinto da una legislazione più permissiva in termini di acquisto e detenzione delle armi, da un’accettabilità sociale molto differente da quella che si respira in Europa, da un numero di praticanti molto più consistente sul totale della popolazione, sia per quanto riguarda gli eventi sportivi sia la pratica venatoria, è decisamente in salute e addirittura in crescita.
Occupazione
Tra il 2014 e il 2015 è riuscito, da solo, a creare 21.000 nuovi posti di lavoro. Gli occupati, tra diretti e indiretti, sono quasi 288.000 e percepiscono oltre 14 miliardi di dollari di compensi; se estendiamo l’analisi a tutti i settori che in qualche modo beneficiano dell’industria delle armi, i posti di lavoro che questa garantisce sono 866.000, un numero che la pone al settimo posto tra i più grandi datori di lavoro al mondo. Più di MacDonald’s e IBM, tanto per intenderci.
Vendite
Le vendite assommano a 48 miliardi di dollari e generano 15 miliardi di dollari in tasse (tra tasse locali, statali e federali) quanto basta – come sottolinea la NSSF – a pagare lo stipendio a oltre 360.000 vigili del fuoco.
E che dire della caccia? L’attività venatoria, da sola, contribuisce in maniera determinante a questa performance, con 600.000 posti di lavoro supportati e 5 miliardi di tasse federali generate ogni anno. I cacciatori, da soli, provvedono alla conservazione del territorio e della fauna con un contributo di 2,9 miliardi di dollari ogni anno. Certo, questi sono solo numeri, per di più relativi a un mercato per mille aspetti differente da quello europeo e italiano. Ma sono numeri che devono far riflettere.
Far West, siamo sicuri?
Il mito degli USA come un moderno Far West, una nazione che non è mai riuscita a scrollarsi di dosso una certa rozzezza da cowboy conquistatori, è smentito dai fatti: importanti sono gli investimenti in cultura e consapevolezza, dato che porta a un mero 0,4% dei ferimenti accidentali quelli che riguardano l’uso improprio delle armi (586 casi nel 2015, con 0,2 occorrenze ogni 100.000 abitanti, una riduzione del 57% negli ultimi 20 anni). E devono essere smentite anche altre argomentazioni sfruttate dalla lobby anti-armi per condizionare il giudizio della Nazione.
Background check
Parliamo anzitutto del background check introdotto dalla normativa federale per valutare se un potenziale acquirente abbia i titoli per procedere all’acquisto dell’arma. Il NICS – National Instant Criminal Background Check System è gestito dall’FBI e non è affatto avversato dai produttori. Semmai è ostacolato dall’inerzia di alcuni Stati (Montana, Wyoming, Sud Dakota) che hanno finora tardato a fornire i dati relativi alle persone in trattamento psichiatrico per gravi patologie. L’industria armiera ha lanciato una campagna, FixNICS, per giungere a un rapida implementazione del database.
Dal 2013 a oggi – quindi dalla data del lancio della campagna – gli inserimenti sono aumentati del 67% e il giorno che il database fosse perfettamente aggiornato si potranno evitare eventi delittuosi come quello accaduto in West Virginia. Gli Stati più solleciti in questo senso sono stati New York e California, che da soli sommano ben più di un terzo degli inserimenti nel database.
E le stampanti 3D?
Altro tema molto discusso negli USA è quello delle moderne stampanti 3D che i criminali più evoluti potrebbero utilizzare per armarsi e commettere reati. Gli studi condotti hanno dimostrato che, almeno allo stato attuale delle cose, esistono metodi assai più semplici per armarsi illegalmente, come dimostrano il 40% di reati commessi con armi rubate e altrettanti compiuti con armi di parenti e amici. È quindi altrove che va spostata l’attenzione.
Una grande bufala si è dimostrata la ventilata incapacità di rilevamento di un’arma realizzata con questa procedura nel corso di eventuali controlli in aeroporto o altri siti sensibili: la tecnologia al momento disponibile non permette di rinunciare all’acciaio e altri metalli per la realizzazione di vari componenti funzionali di un’arma, la canna, le molle e il munizionamento. Quello lanciato da alcuni organi di stampa e associazioni proibizioniste sono quindi falsi allarmi studiati per condizionare i benpensanti più ingenui.
Il secondo emendamento
Un’altra frontiera su cui in USA si combatte per la permanenza del secondo emendamento è quella relativa all’impiego delle cosiddette armi d’assalto (MSR – Modern Sport Rifle).
Premesso che anche in America l‘uso di armi automatiche è severamente limitato e normato da una specifica legge (il National Firearms Act del 1934), l’impiego di armi dalle fattezze militari in eventi criminosi non supera l’1% degli stessi ed è in continua decrescita anche dopo la scadenza della legge voluta da Clinton nel 1994 per limitarne la diffusione. E che dire dei silenziatori? Legali in 41 Stati, uno studio condotto in California ha dimostrato essere impiegati in meno dello 0,1% degli omicidi avvenuti nel decennio preso in esame (1995-2005).
Insomma, dai dati che emergono dagli studi presentati dalla National Shooting Sports Foundation, l’associazione che associa oltre 12.000 aziende attive nella produzione e nel commercio delle armi, emerge che nei confronti di questo settore si fa tanta disinformazione.
Negli USA ci sono voci che fanno contro-informazione in maniera seria ed efficace.
In Europa in generale, e in Italia in particolare, purtroppo, una forte frammentazione di queste voci non riesce a opporsi con forza alla menzogna.
E le bufale prosperano. È questo il dato più importante sul quale riflettere.