Tre tipologie di carabine per accontentare cacciatori differenti. È possibile trovare un compromesso che li accontenti tutti?
Al cuor non si comanda e tutti i gusti son gusti, va bene.
Ma lasciamo perdere proverbi e luoghi comuni per concentrarci su una questione interessante e molto dibattuta: esiste l’arma ideale per la caccia al cinghiale?
La risposta, si potrà obiettare, è personale, soggettiva, spesso frutto di compromessi tra esigenze di budget, abitudini e cultura venatoria, familiare o regionale che sia. E questo è indubbio.
Però possiamo azzardare qualche riflessione.
Per iniziare, suggeriamo a chi ancora non l’abbia fatto di abbandonare la canna liscia e convertirsi alla rigata. Su questa querelle si sono versati fiumi di inchiostro e si continuerà a farlo ma la balistica parla chiaro: in condizioni di tiro in sicurezza – quelle cui tutti ci atteniamo, o almeno confidiamo che sia così – il livello di rischio per un rimbalzo imprevedibile cala in maniera drastica utilizzando i 10 grammi di piombo e rame di un calibro .30 rispetto ai 28 grammi e più di piombo sparato da un semiautomatico a canna liscia.
Se poi spariamo palle monolitiche, il vantaggio è ancor più evidente.
Molti obiettano che tra i fattori limitanti le armi a canna rigata c’è una maggior pericolosità intrinseca dovuta alla loro maggiore portata utile. Certo, è vero, però è altrettanto vero che le condizioni in cui questo pericolo si concretizza sono quelle in cui ogni cacciatore responsabile deve essere in grado di controllare il proprio istinto predatorio, astenendosi. L’astensione può essere un valore, non solo in quaresima.
La semiauto
Arma concettualmente complessa, la carabina semiautomatica è quella che richiede il maggior sforzo concettuale da parte del produttore.
Il caricamento dei colpi successivi al primo avviene mediante un cinematismo che deve prevedere un ritardo così da svincolare l’otturatore quando il proiettile abbia abbandonato la rigatura e le pressioni in canna siano scese a livelli di sicurezza.
I modelli più diffusi sono quelli a recupero di gas in cui, per l’appunto, è proprio una porzione dei gas conseguenti alla combustione della carica – opportunamente prelevati dalla canna mediante un foro in essa praticata – a consentire lo svincolo dell’otturatore.
Di pregi, le semiauto, ne hanno parecchi:
- permettono la veloce ripetizione del colpo fino all’esaurimento delle cartucce contenute nel caricatore (cinque oltre a quella in canna, ma solo per la caccia collettiva al cinghiale),
- hanno un rinculo mitigato dalle masse in gioco e dalle molle di ritorno dei vari componenti,
- sono generalmente mezzi che si possono maltrattare senza timore di complicazioni.
Sfortunatamente però e adesso parliamo dei difetti, non sono molti i modelli disponibili.
Figlie di un dio minore, le carabine semiautomatiche a canna rigata non sono mai state popolarissime e non è un segreto che due marchi e pochi modelli hanno praticamente cannibalizzato il mercato. Almeno quello italiano.
Tra i difetti di questa tipologia d’arma non si può omettere una minor precisione media rispetto alle carabine a ripetizione manuale, anche se le eccezioni esistono in entrambi i casi (semiauto che sparano benissimo e bolt action che non sono in grado di produrre rosate accettabili a 100 metri). Considerando però la caccia in braccata o in battuta, dove le distanze d’ingaggio sono brevi o brevissime, quello che una carabina semiautomatica può offrire è ben oltre il minimo sindacale. Discorso diverso, invece, quando si parla di tiri meditati o a distanze superiori.
La bolt action
Quando il tiro è meditato o la distanza d’ingaggio è quella tipica della caccia di selezione il discorso si complica. Anche a distanze etiche, quindi contenute nei 250-300 metri al massimo, difficilmente le semiautomatiche sono in grado di produrre rosate soddisfacenti.
In questi casi specifici, le carabine bolt action sono la scelta migliore: la precisione è spesso contenuta nel Moa (il minuto d’angolo, approssimativamente 29 millimetri alla distanza di 100 metri) e l’offerta commerciale è estremamente ampia sia per camerature sia per tipologia d’arma.
Ma non è tutto oro quello che riluce e sull’altare della precisione è inevitabile sacrificare qualcosa in termini di rapidità nella ripetizione del colpo. In tanti anni di caccia con i bolt action non riusciamo sinceramente a trovargli altri difetti.
La straight pull
Tra questi due mondi molto lontani, ormai da qualche anno si è collocata un’altra categoria d’armi-cerniera, che per qualche curioso motivo la storia aveva destinato all’oblio.
Il sistema a ripetizione rettilinea (straight-pull nella lingua inglese) era nato a corredo dei moschetti Ross, Mannlicher M1895 e Schmidt-Rubin 1889 / 1911 / K31 ma solo negli ultimi anni i produttori civili ne hanno riscoperto l’attualità proponendolo in una sempre più vasta gamma di carabine che a oggi comprende, per quanto riguarda i marchi più diffusi, la Strasser RS05, la Browning Maral, la Blaser R8 e la Merkel RX.Helix.
Il meccanismo di ripetizione in questione nasce per ovviare ad alcuni limiti insiti in quello girevole-scorrevole.
In quel caso, l’otturatore presenta due gradi di libertà che impongono prima una rotazione del manubrio dell’otturatore per svincolare la testa di chiusura dalla culatta e successivamente un moto lineare retrogrado che sovrintende alle operazioni di alimentazione e armamento del percussore.
Come funziona?
Il sistema lineare, sfruttando un otturatore a due componenti con la testa in grado di compiere un movimento rotatorio, permette di mantenere un unico grado di libertà e di compiere tutte le operazioni necessarie per l’armamento semplicemente arretrando l’otturatore.
Non c’è alcun movimento rotatorio da parte dell’operatore quindi, con vantaggi in termini sia di rapidità di ripetizione sia di mantenimento della mira sul selvatico dato che il riarmo non porterà il tiratore a scomporsi.
Questo sistema va idealmente a porsi a metà strada tra i classici a ripetizione manuale, cui concettualmente appartiene, e quelli ad azionamento semi-automatico, cui idealmente si ispira, riunendo in sé i vantaggi degli uni e degli altri: velocità e massima precisione del sistema.
Di fatto, rappresenta un valido compromesso sia per chi cacci in selezione, dove il fattore precisione è preponderate, sia per chi cacci nelle diverse forme di caccia collettiva, dove la possibilità di ripetere rapidamente il colpo è essenziale.