Il Giornale ha scritto di ricorsi e lungaggini per condizionare la stagione venatoria. Il principale partito di governo si dice “pronto a intervenire al fine di assicurare il regolare svolgimento dell’attività venatoria”. Partiamo da quanto i ministri evidentemente conoscono, poi arriveremo a ciò che – forse – non conoscono (ma dovrebbero), che sta generando gravi problemi e malcontenti.
Il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida parte dalla palese considerazione (verissima) che ogni anno, sul finire dell’estate, i Tar vengono puntualmente intasati con numerosi ricorsi contri i calendari venatori, promossi dalle varie associazioni ambientaliste e anti caccia. “Negli anni si è consolidato un disinteresse da parte delle istituzioni ad affrontare e risolvere questo problema, regolando in modo chiaro, e non interpretabile, le norme che assistono un’attività legale, tutelata anche in sede europea“, ha proseguito il ministro. Probabilmente è giunto il momento di modificare la legge n. 157/1992, considerata da più parti “obsoleta e inadatta”: condividiamo, purché la cura non sia peggiore del male. Conclude il ministro: “In queste ore, le sospensioni dei calendari venatori intervengono con oggettive e diverse interpretazioni degli stessi pareri dell’Ispra e delle norme in vigore. Convocherò il Comitato faunistico venatorio, che ho voluto ricostituire, perché anche in quella sede si elabori una proposta utile a regolare quest’attività venatoria e il suo svolgimento“.
I ritardi
Veniamo a quello che non è stato detto ma conta eccome, per la caccia e per il tiro sportivo e ludico sportivo. I giganteschi ritardi di alcune questure nell’attività di rinnovo delle licenze venatorie e per il tiro a volo. Quando la prassi quotidiana mostra tempi di tre o quattro volte superiori a quelli indicati dalla legge amministrativa (90 giorni), è chiaro che la vicenda è grave e perniciosa, cagione di molteplici effetti negativi per i cittadini.
Dopo avere pagato soldi buoni per tasse, visite, esami e altri balzelli, ci sono attese lunghissime che di fatto impediranno a molti di andare a caccia, al piattello o al poligono di tiro. A Roma conoscono queste situazioni? Che definisco grottesche e imbarazzanti, per evitare censure; possibile che l’organico di questi uffici non possa essere adeguato al numero di licenze che devono per forza essere rinnovate periodicamente? Sono tutti dati noti e facilmente estrapolabili; non è una croce piovuta dal cielo, come l’emergenza Covid19. Esiste ampia casistica sul danno da mero ritardo della pubblica amministrazione (c’è stata anche una novella con la legge n. 69/2009); per essere politicamente corretti lasciamo perdere i profili penali e di responsabilità del Responsabile del procedimento – che pure si possono profilare: limitiamoci a danno emergente e lucro cessante, svilimento delle legittime aspettative per una attività lecita e tutelata.
Quanto dovrebbe sborsare la pubblica amministrazione per risarcire chi sta aspettando da nove mesi un rinnovo? Questa è la domanda che mi piacerebbe porre ai vari ministeri coinvolti. Sono al corrente di tale situazione? In caso affermativo: si provveda.
P.S. Doveroso non fare di tutta l’erba un fascio. Ho appena rinnovato la mia licenza Tav; la questura di Pavia ci ha messo meno di un mese (un mese se contiamo l’invio e il ritiro). Negli altri casi aveva impiegato tra i 30 e i 45 giorni, meno della metà dei termini di legge.
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