Il Tar della Sicilia ha accolto il ricorso di un cittadino palermitano al quale la questura aveva negato il rilascio del porto d’armi. La motivazione non è inedita: i precedenti penali dei parenti non c’entrano niente.
Ci risiamo. La giustizia amministrativa sta continuando a emendare una serie di provvedimenti che valutano la parentela con pregiudicati un motivo ostativo per il rilascio del porto d’armi. Dopo il caso di Reggio Calabria, si rimane al sud. Stavolta a ottenere indietro il porto fucile per uso sportivo è un cittadino palermitano al quale la questura aveva negato l’autorizzazione perché “il padre e il suocero (non conviventi) del ricorrente sono penalmente compromessi”. A differenza della vicenda di Reggio, non c’è stato bisogno di giungere al Consiglio di Stato per ottenere giustizia.
La prima sezione del Tar della Sicilia ha dato ragione al ricorrente. “La mera sussistenza di un rapporto di parentela o d’affinità con un soggetto pregiudicato ma non convivente non è, di per sé, indice di una capacità di abuso delle armi”. L’identica riflessione deve essere svolta per “un incontro isolato, e non meglio precisato, risalente nel tempo con un soggetto controindicato e, a maggior ragione, al mero rapporto di affinità con il proprio suocero”. Basterà per mettere un punto fermo?