La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso della Repubblica Ceca contro la Direttiva armi.
La nuova legge adegua l’equilibrio tra la libera circolazione delle merci e le esigenze di sicurezza: è con questa motivazione che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso della Repubblica Ceca contro la Direttiva armi. Il giudizio ha visto contrapporsi Praga, supportata da Ungheria e Polonia, e le istituzioni comunitarie affiancate dalla Francia. Con la sentenza 1035/2019 la Corte avalla dunque il provvedimento che prende atto delle nuove circostanze e modifica una Direttiva già esistente, la 477/91.
La nuova direttiva armonizza le leggi sulla circolazione delle armi a livello europeo. Perché prima della sua approvazione “il buon funzionamento del mercato interno delle armi da fuoco a uso civile era compromesso da disparità normative tra gli Stati membri […] nonché da disparità nell’applicare le disposizioni relative alla carta europea delle armi da fuoco”.
Sbagliato anche ritenere che la nuova Direttiva armi ritagli una situazione privilegiata per la Svizzera. È vero, c’è un solo Paese, peraltro fuori dall’Unione europea anche se dentro Schengen, nel quale è previsto il trasferimento dell’arma a chi lascia l’esercito. Ma ciò non rappresenta una discriminazione nei confronti degli altri.
Ricorso della Repubblica Ceca contro la Direttiva armi: un’argomentazione contestabile della Corte di Giustizia
A margine, dopo la lettura della sentenza conviene sottolinearne un passaggio quantomeno discutibile. Respingendo il ricorso della Repubblica Ceca contro la Direttiva armi, la Corte di giustizia dell’Unione europea scrive che “può essere stabilita una correlazione tra i quantitativi di armi da fuoco detenuti in uno Stato […] e il tasso di reati in cui sono implicate armi del genere”. E che limitando l’accesso alle armi si può ridurre il numero dei reati e degli omicidi.