Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale, ha annunciato che dal 7 ottobre il governo ha concesso 100.000 licenze di porto d’armi ai cittadini d’Israele.
Il motivo è evidente, ma il dato fa comunque impressione considerato che nonostante la leva obbligatoria non è un Paese di questa tradizione tra i civili e che la popolazione non raggiunge i dieci milioni: nel corso di una conferenza stampa (per The Times of Israel l’ha raccontata Sam Sokol) Itamar Ben Gvir, il controverso ministro della Sicurezza nazionale (è il leader di Otzma Yehudit, ossia Potere ebraico, uno dei partiti d’estrema destra tra i più ostili a un accordo con la Palestina), ha annunciato che il numero di licenze di porto d’armi rilasciate in Israele dallo scorso 7 ottobre ha raggiunto quota 100.000. Peraltro nelle cinque settimane successive all’attacco di Hamas il governo ha ricevuto più richieste che nei vent’anni precedenti; se si considerano anche quelle scartate e quelle ancora da valutare, il totale di questi mesi sfiora le 300.000.
Il concetto chiave espresso da Ben Gvir risuona spesso negli ambienti della destra americana: più armi in circolazione rendono il Paese più sicuro. «Abbiamo visto» ha detto «quanto le armi salvino le vite: le dimensioni della strage del 7 ottobre sono state inferiori nelle zone in cui i civili potevano proteggersi». Nell’elenco delle persone autorizzate a portare un’arma ci sono anche decine di migliaia di donne; secondo Ben Gvir «il 7 ottobre sono state violentate e uccise perché non avevano armi a sufficienza per difendersi».
Negli ultimi mesi il ministero della Sicurezza nazionale ha concesso anche allo staff personale di Ben Gvir e ai dipendenti della Knesset, il parlamento nazionale, l’autorità temporanea di concedere la licenza di porto d’armi ai cittadini che ne facciano richiesta.
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