Il Consiglio di Stato si è espresso sul ricorso di un cacciatore fiorentino, al quale il Tar aveva revocato il porto d’armi a causa dei rapporti conflittuali con la ex. È un altro capitolo del libro che raccoglie i motivi per perdere il porto d’armi.
I rapporti conflittuali con l’ex coniuge, o l’ex convivente, possono da sé soli rappresentare uno dei motivi per perdere il porto d’armi. Lo ha stabilito ieri il Consiglio di Stato respingendo il ricorso di un cacciatore fiorentino contro la precedente sentenza del Tar. La “forte conflittualità” tra l’uomo e la sua convivente aveva dato origine a frequenti litigi, rispetto ai quali la revoca del porto d’armi rappresenta misura cautelare. A prescindere da ogni rilievo di tipo penale, “la possibilità che tali conflitti possano sfociare in aggressioni è sufficiente a legittimare il provvedimento”.
Il fatto che la convivenza sia cessata ormai da sette anni è, per i giudici, “irrilevante”. Possono infatti essersi ridotte le occasioni di conflittualità, ma lo stato di tensione permane. Soprattutto perché “la presenza dei figli impone ai due soggetti di relazionarsi reciprocamente”. Il divieto di detenzione armi, ribadisce il Consiglio di Stato, non nasce necessariamente da un abuso. Risulta sufficiente che il detentore di porto d’armi “non dia affidamento di non abusarne”.