Quanto è utile un’ottica a caccia? Domanda dalle mille risposte. Cercheremo di darne quattro, evidenziando i plus tecnologici che un’ottica fornisce a chi si trovi a sparare quando le mire metalliche non bastano più
Cominciamo con lo sgombrare il campo da un possibile equivoco
Il cannocchiale di puntamento, strumento ottico generalmente fornito di un congruo numero di ingrandimenti, spesso variabile, è stato inventato per rendere più visibile il bersaglio e favorire il piazzamento di colpi più precisi nel caso si parli di tiro sportivo, più immediatamente letali nel caso di quello venatorio.
Senza scomodare Galileo e il suo telescopio, cui la nostra ottica è idealmente tributaria, l’evoluzione della tecnologia ottica ha fornito un importante contributo nello sviluppo del tiro alle lunghe distanze.
Successivamente, si è osservato che l’impiego di ottiche a basso numero di ingrandimenti favorisce il cacciatore anche nelle cacce in battuta, dove le distanze d’ingaggio sono da brevi a brevissime.
Sono così nati i punti rossi e le ottiche 1-4x (oggi ne esistono di 1-8x o addirittura 1-10x) molto apprezzati dai cinghialai. Quindi il cannocchiale ha dimostrato che, oltre che per il tiro meditato a lunga distanza, è un ausilio utile anche per quello di stoccata.
Ma torniamo da dove è partita l’evoluzione ottica applicata al tiro venatorio. Dobbiamo qui premettere un concetto molto importante, quello relativo alla definizione di lunga distanza.
La lunga distanza
La lunga distanza è un valore molto relativo legato alle capacità tecniche del cacciatore e a quelle della strumentazione impiegata.
Un tiro in pieno sole a un camoscio posto a 250 metri in alta montagna presenta specificità molto differenti da un tiro a un capriolo a 120 metri all’imbrunire.
Abilità di tiro del cacciatore, qualità ottiche del cannocchiale, condizioni meteo e ambientali, una carabina perfettamente tarata e un corretto azzeramento del reticolo sono condizioni minimali, ma variabili e relative, che non sono le stesse per tutti e in tutte le circostanze.
Ma nella definizione di lunga distanza c’è anche un aspetto che possiamo definire assoluto. Possiamo porlo a 250 o a 300 metri ma esiste un limite oltre il quale subentrano fattori che sconsigliano di premere il grilletto quando, anziché a un bersaglio di carta, si stia mirando a un selvatico.
Il vento, una scarsa competenza balistica, la difficoltà di identificare con esattezza il bersaglio aumentano oltre il limite accettabile il rischio del ferimento dell’animale o di colpire quello sbagliato.
Noi siamo piuttosto rigidi su questo aspetto. Ne facciamo una questione di etica, di responsabilità che il cacciatore ha nei confronti di quel dato animale in particolare, della corretta gestione della fauna in generale, dell’accettazione sociale che la caccia e i cacciatori devono riconquistarsi giorno dopo giorno mediante la correttezza dei propri comportamenti.
Ciò detto, è indubbio che nei tiri a distanze superiori a 50 metri l’ottica rappresenta un ausilio fondamentale. A seguire indichiamo i suoi punti di forza.
Primo motivo per utilizzare l’ottica a caccia
Nessun occhio, e nessun sistema di puntamento tradizionale, è in grado di collimare correttamente 3 punti: tacca di mira / diottra, mirino e bersaglio.
La tecnica tradizionale insegna a mettere a fuoco il punto intermedio, il mirino, ma la profondità di campo teoricamente richiesta per avere un pieno controllo della situazione e degli organi di mira va ben oltre i limiti dell’occhio umano.
In questo caso l‘ottica aiuta fornendo un congruo ingrandimento del bersaglio e riducendo a due i punti da tenere sotto controllo (centro del reticolo e selvatico). Con la possibilità di utilizzare addirittura un punto centrale illuminato che facilita ulteriormente la collimazione in condizione di scarso contrasto.
Secondo motivo per utilizzare l’ottica a caccia
Un buono strumento ottico di puntamento fornisce un sistema molto accurato per compensare il punto d’impatto quando il selvatico si presenti a una distanza differente da quella di azzeramento. Praticamente sempre.
Per quanto si conosca il rendimento balistico del proiettile, stimarne la caduta a distanze superiori a quella d’azzeramento è un esercizio molto più preciso lavorando sulla torretta dell’alzo. Oggi sono molte le ottiche che forniscono l’opportunità di montare le cosiddette torrette balistiche, ausili che – una volta azzerati – presentano una pre-taratura a differenti distanze di tiro, risparmiando quindi al cacciatore complicati calcoli nell’immediatezza del tiro.
Zeiss, ad esempio, offre la torretta ASV+, un sistema in grado di fornire indicazioni visive immediatamente interpretabili sulla caduta del proiettile per distanze fino a 600 metri. Per raggiungere questo risultato, Zeiss fornisce il cannocchiale di 9 anelli che emulano con ottima approssimazione il comportamento balistico della maggior parte dei calibri e dei caricamenti commerciali. Sfruttando la semplice tabella balistica fornita a corredo e confrontandola con i dati della cartuccia dichiarati dal produttore, l’acquirente potrà scegliere l’anello balistico più appropriato e montarlo sulla torretta.
Terzo motivo per utilizzare l’ottica a caccia
L’occhio dell’uomo e quello degli ungulati presenta un’architettura simile ma una destinazione differente. Dispongono infatti entrambi di coni e bastoncelli, con i primi destinati a restituire una visione cromatica e i secondi più sensibili al movimento e alla visione in condizioni di scarsa luminosità.
L’evoluzione ha però portato l’uomo a sviluppare in particolar modo i coni, gli ungulati i bastoncelli così da consentire loro di essere attivi la notte ed eludere le attenzioni di molti potenziali predatori.
Tra questi, proprio l’uomo.
L’ottica, fornendo gli ingrandimenti di cui si è detto e una correzione cromatica su lunghezze d’onda in cui l’uomo è debole, consente l’estensione della giornata venatoria e, soprattutto, un prelievo più consapevole.
Quarto motivo per utilizzare l’ottica a caccia
Per concludere, i più moderni processi produttivi nei settori della meccanica e dell’ottica hanno permesso di sviluppare una gamma di strumenti molto estesa. Che variano per qualità, e qui il prezzo fa la differenza, e flessibilità d’impiego. L’acquisto di un’ottica variabile 1-8x o di una 3-12x consentirà di insidiare un ampio ventaglio di selvatici, a distanze anche molto differenti. La possibilità di sfruttare la flessibilità dei nuovi centri a controllo numerico, infine, permette di confrontarsi con un numero quasi infinito di caratteristiche opzionali.
È il caso, ad esempio, di Schmidt und Bender, il cui catalogo conta ben più di 2.000 codici prodotto. L’azienda tedesca ha deciso di puntare sulla personalizzazione spinta delle sue ottiche che sono pertanto disponibili in una varietà di configurazioni da far impallidire chiunque.