Precedenti penali e revoca del porto d’armi: sentenza innovativa del Consiglio di Stato

Precedenti penali e revoca del porto d’armi: sentenza innovativa del Consiglio di Stato: cacciatore con fucile in mano
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Il Consiglio di Stato chiarisce quali siano le circostanze che rendono i precedenti penali rilevanti per la revoca o il mancato rinnovo del porto d’armi.

Non tutti i precedenti penali giustificano di per sé il mancato rinnovo o la revoca del porto d’armi: perché abbiano questa conseguenza è necessario «un nesso di pertinenza e omogeneità contenutistica», ossia un timore motivato per la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Lo ha deciso oggi il Consiglio di Stato (sentenza 6530/2024) accogliendo il ricorso dell’amministratore delegato di un’azienda coinvolto, «nonostante le deleghe di funzioni ai direttori di stabilimento», in un procedimento per lesioni colpose a causa dell’inosservanza delle misure antinfortunistiche, e chiarendo che tutto quello che genericamente è condotta non buona va valutato «da questo precipuo angolo visuale», ossia con un’attinenza alle armi.

Ribaltando le decisioni del questore di Torino e del Tar del Piemonte, i giudici della terza sezione segnalano che non si può dedurre l’inaffidabilità nell’uso delle armi «con un salto logico» dagli illeciti colposi; né alcuni precedenti dei primi anni Ottanta (abuso edilizio, tentata truffa), che per il Tar indicavano «il carattere non episodio degli illeciti», possono appesantire la posizione: la questura avrebbe dovuto spiegare come mai siano improvvisamente diventati rilevanti dopo una serie di rinnovi.

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