Quando valutano se concedere il porto d’armi per difesa le prefetture devono considerare anche «i mutati indirizzi in materia di sicurezza pubblica».
Sul porto d’armi per difesa l’orientamento è chiaro. Più o meno in contemporanea con quelle di cui s’è molto discusso negli scorsi giorni, la terza sezione del Consiglio di Stato ha pubblicato le motivazioni della sentenza 720/2023 ribadendo che «il rilascio del titolo […] non genera diritti né legittimi affidamenti sul rinnovo in perpetuo».
L’amministrazione è infatti chiamata a «un controllo assiduo e continuo, assai penetrante, che si dispiega normalmente proprio all’atto del periodico rinnovo». E non si deve verificare solo se il titolare della licenza si sia reso protagonista di abusi o se siano cambiate le condizioni che avevano reso possibile il primo rilascio; a ogni rinnovo deve infatti entrare in gioco una «riconsiderazione discrezionale», eventualmente calibrata anche su «mutati indirizzi in materia di sicurezza pubblica», ossia di scelte politiche.
Il Consiglio di Stato s’associa inoltre a quanto sottolineato dal Tar della Campania sulla «necessità d’impedire che il paventato pericolo di aumento di reati contro la persona e il patrimonio possa alimentare una generalizzata diffusione delle armi»; si teme infatti di andare incontro a «un ulteriore aggravio per la tutela della sicurezza pubblica».
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