Quando si esprime sul rilascio del porto d’armi per difesa, la prefettura non è tenuta a dimostrare che sia cambiata la situazione rispetto ai precedenti rinnovi.
Chi richiede il porto d’armi per difesa deve ogni volta dimostrare di averne bisogno. In caso di risposta negativa l’amministrazione ha un solo obbligo, motivarla adeguatamente; ma niente le impone di dimostrare che sono cambiate le condizioni rispetto al passato, quando l’esito del procedimento era stato diverso. Lo ha stabilito la terza sezione del Consiglio di Stato (sentenza 822/2023) respingendo il ricorso di un ingegnere edile contro quanto deciso dalla prefettura di Napoli e dal Tar che dopo quasi venticinque anni di rinnovi gli avevano infine negato la licenza.
L’articolo 42 del Tulps subordina infatti il porto d’armi per difesa alla dimostrazione di un bisogno concreto (=protezione da una situazione di pericolo) da ricavare da circostanze specifiche; non hanno peso sufficiente né un contesto generico né l’attività professionale e neppure la consistenza degli interessi patrimoniali.
Considerata la durata minima di questa licenza, l’autorità di pubblica sicurezza deve dunque rinnovare di anno in anno le proprie valutazioni sul suo rilascio; quando valuta la situazione personale di chi la richiede è tenuta ad «aggiornarla con informazioni attuali», ma niente contano i rinnovi passati.
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