Il Consiglio di Stato si è espresso sul rilascio del porto d’armi per difesa agli ufficiali dell’esercito.
Il rilascio del porto d’armi per difesa agli ufficiali dell’esercito deve seguire le procedure che valgono per tutti gli altri cittadini. Ossia deve esserne “dimostrato il bisogno”. L’articolo 75 del regio decreto 635/40, da cui scaturiscono i regolamenti attuativi, non può introdurre deroghe o eccezioni a quanto previsto dalla legge, in particolare dall’articolo 42 del Tulps.
Con una sentenza pubblicata stamattina, il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del Tar della Liguria sul rilascio del porto d’armi per difesa agli ufficiali dell’esercito. Non ha ragione il tenente colonnello che aveva presentato il primo ricorso, accolto dal Tar; e non è vero che per negare il rilascio l’amministrazione debba rintracciare “situazioni personali ostative”. Fosse così, si invertirebbe l’onere della prova: non più a carico di chi richiede il porto d’armi, di cui deve dimostrare il giustificato bisogno, ma sulle spalle dell’amministrazione che dovrebbe addurre eventuali motivi per il diniego.
La posizione del Consiglio di Stato sul rilascio del porto d’armi per difesa agli ufficiali dell’esercito è chiara. L’interpretazione del regolamento attuativo non può condurre “a una disciplina avulsa dal contesto normativo generale che presiede al rilascio del titolo autorizzatorio”. Anche perché, se fosse così, si giungerebbe al “rilascio indiscriminato della licenza di porto di pistola a tutti gli ufficiali in servizio permanente”. Con, fanno sapere da palazzo Spada, “intuibili riflessi negativi sulla sicurezza pubblica”. Se si valuta inadeguata l’arma di ordinanza, bisogna trovare una soluzione “unicamente all’interno dell’amministrazione militare di appartenenza”.