Se dimostra mancata capacità d’autocontrollo, una lite in famiglia può portare alla revoca del porto d’armi anche se occasionale.
Non importa se è «un episodio occasionale» con protagonista una persona con cui in seguito s’è interrotta la relazione, né che il contesto esclude comunque «violenza o disagio psichico»: se contiene una frase minacciosa come «se non la smetti d’urlare ti butto dalla scale», una lite in famiglia (anche per futili motivi; anzi, è un’aggravante) può portare alla revoca della licenza di porto d’armi.
Lo ha scoperto un tiratore romano, che insieme ha perso anche la licenza di collezione di armi comuni e armi antiche (148 quelle complessivamente ritirate): negli scorsi giorni il Tar del Lazio (sentenza 5157/2024) ha infatti giudicato corretto l’operato della questura e respinto il suo ricorso contro il provvedimento.
Sia per la questura sia per il Tar una reazione di questo tipo (l’avevano verbalizzata le forze dell’ordine, che «si trovavano casualmente nel luogo [in cui si sono svolti] i fatti») è incompatibile con un giudizio di piena affidabilità e buona condotta: chi vuole esser titolare della licenza di porto d’armi deve infatti mantenere «un’adeguata capacità d’autocontrollo e d’autogoverno delle reazioni emotive e comportamentali» anche in una situazione di conflittualità familiare, di tensione psicologica e di stress.
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