Prendo spunto da due notizie, entrambe a loro modo preoccupanti, per usare un pallido eufemismo. Un tizio è stato condannato con decreto penale a pagare 23.000 euro (!) perché aveva nel marsupio un coltellino multiuso, il tipico multitool svizzero venduto in milioni di esemplari.
Come è possibile?
Legittimo chiedersi: ma come è possibile? Lo è perché al malcapitato hanno contestato il reato di porto abusivo di arma, anche se quell’attrezzo (il coltellino multiuso) è tutto tranne un’arma. Errore dopo errore, il giudice ha emesso un decreto penale di condanna e ha convertito la pena detentiva breve in pena pecuniaria. E qui sono dolori (per il bilancio familiare), perché attualmente un giorno di carcere vale 250 euro. In soldoni: subite una condanna a un mese? Niente misura restrittiva personale, ma dovrete versare ben 7.500 euro. Tre mesi = 22.500 euro (i conti, come vedete, tornano). Una vera batosta per il bilancio familiare, tant’è che un caro amico – un operaio specializzato – ha commentato: io avrei scelto di andare dentro, tutti quei soldi non li ho… Una sproporzione tra quanto commesso, portare con sé un coltellino svizzero, mica un Ak-47 da guerra, clandestino, e quanto sanzionato. È vero che lo sventurato ha proposto opposizione al decreto penale (cosa assai logica) e che ora ci sarà un regolare processo; ma la sproporzione resta e l’esito non è del tutto scontato. Dura lex, sed lex? Mah… io lo vedo un modo come un altro per fare cassa; come quei Comuni che nascondono gli autovelox nei luoghi più impensati e che, anziché debellare il fenomeno della prostituzione (e relativo giro illecito di sfruttamento), multano con migliaia di euro il cliente che si ferma a chiedere informazioni alle sex-workers. Attendiamo gli sviluppi della vicenda, nella speranza che un giudice sappia distinguere il pericolo di un’arma vera da quello di un coltellino svizzero.
Strano Paese l’Italia
Sappiamo giocare duro nei confronti di un poveretto ma non sappiamo mettere in galera chi si è reso protagonista di decine e decine di furti e scippi, ricevendo condanne definitive per oltre 19 anni di carcere (notizia apparsa domenica 19 novembre su diversi media). Incredibile, vero? La regina dei borseggi fino a pochi giorni fa era del tutto libera: impossibile condurla in carcere, perché ha numerosi figli ed è quasi sempre incinta. Qui sta il paradosso, tutto italiano, però. Ora l’Austria ha spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura internazionale. La borseggiatrice seriale, prima di capire che era l’Italia il Paese del bengodi, aveva scelto l’Austria per commettere 358 furti documentati (un record). Grave errore, perché, con un curriculun vitae simile, in Austria in galera ci vai dritto filato. Pochi giorni fa il procuratore di Vienna ha chiesto il conto: ci impone di arrestarla e consegnarla a loro, dove verrà processata e dove probabilmente sconterà la condanna relativa. Sempre che nel frattempo non sia già fuggita altrove. Mi fermo qui perché mi viene un senso di vomito, sarà perché non ho ancora fatto colazione.