Non il secondo, ma il primo emendamento della Costituzione americana: è questo che ha consentito all’Nra di battere lo Stato di New York davanti alla Corte suprema.
Degli emendamenti della Costituzione americana quello che di solito la riguarda è il secondo, sul diritto di portare armi, ma non deve sorprendere il fatto che nella causa che ha vinto davanti alla Corte suprema la Nra, National rifle association (impropriamente in Europa la si chiama lobby delle armi), abbia invocato il primo: si sa che in America la libertà di parola («Il parlamento non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o della stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti») è un valore pressoché assoluto.
È infatti su questa base che la Corte suprema ha deciso che Maria T. Vullo, funzionaria dello Stato di New York in azione per volontà dell’allora governatore Andrew Cuomo, non aveva il diritto d’inserire l’Nra in una blacklist finanziaria, costringendo le banche e le compagnie assicurative a rompere i rapporti.
L’Nra: una vittoria per la libertà di parola
La vicenda risale a più di cinque anni fa. Nel maggio 2018 l’Nra presentò ricorso contro la decisione; ma nel 2022 i giudici del secondo circuito decisero che «nell’epoca in cui la responsabilità sociale delle imprese dev’essere maggiore fosse ragionevole che l’autorità di regolamentazione finanziaria di New York invitasse le banche e le compagnie assicurative a non fornire servizi finanziari ai gruppi pro-armi»; nella sentenza si qualificarono inoltre le indicazioni di Vullo non come direttive, ma mera espressione di preferenze politiche.
Nello scorso febbraio l’Nra presentò ricorso alla Corte suprema, chiedendole se il primo emendamento lasciasse ai governi il potere d’ostacolare l’attività di un’associazione per ostilità alle sue posizioni; in questo modo «avrebbero il diritto d’imbrigliare gli oppositori, non soltanto i gruppi pro-armi, ma [in altre circostanze] anche pro-aborto e pro-ambiente».
Il senso della sentenza è chiaro: il governo non può intraprendere azioni legali che tentino di silenziare i suoi avversari politici. «È uno storico passo avanti per i milioni di membri della Nra e per coloro che credono nella libertà di parola» ha commentato Wayne LaPierre, ceo dell’Nra. «Nel momento in cui questo diritto è sotto attacco come mai prima, è importante che il governo abbia ben chiaro che non può utilizzare tattiche intimidatorie per silenziare coloro con i quali è in disaccordo».
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