Arriva la revoca del porto d’armi per un cacciatore grossetano che aveva promesso di difendere la propria zona “fino all’ultima goccia di sangue”

“Difenderò le mie zone di caccia fino all’ultima goccia di sangue”. È bastata quest’affermazione perché un cinghialaio di Seggiano (GR) perdesse il porto d’armi. Il Tar della Toscana ha infatti confermato la decisione di prefettura e questura dopo la lite intercorsa tra il cacciatore e un’altra squadra di cinghialai, La Montagnola. L’evento ha avuto luogo nel novembre 2014 e ha dato il via a una serie di procedimenti giunti a esito soltanto all’inizio di marzo 2017. E in attesa dell’eventuale ultimo ricorso al Consiglio di Stato, il cinghialaio resta senza porto d’armi.
“Privo di autocontrollo e di rispetto nei confronti dell’autorità”
I giudici ritengono che la frase, pronunciata peraltro dinanzi ai Carabinieri, faccia sorgere dubbi sull’uso corretto delle armi da parte del cacciatore. E ciò “indipendentemente dal rilievo penale della stessa”. Non si tratta di espressione “meramente colorita”. Anzi, il contenuto e soprattutto il contesto della dichiarazione sono “sintomatici di una mancanza di rispetto nei confronti dell’autorità”. E anche di “carenza di autocontrollo”. E così il Tar ha condannato il cacciatore alla revoca del porto d’armi. In più, decretato anche il pagamento di 2.000 euro di spese processuali.