C’è voluto il ricorso alla giustizia amministrativa perché a un cittadino di Firenze fosse restituito il porto d’armi.
Va bene che in un certo senso l’eiaculazione precoce ha a che fare con lo sparare troppo presto, ma da lì a negare il rinnovo del porto d’armi ce ne corre di strada. O almeno ce ne dovrebbe correre. Per fortuna ci ha messo una pezza il Tar della Toscana che ha restituito la licenza a un cittadino le cui generalità sono ovviamente coperte dagli omissis di rito, come sempre accade quando si parla di dati di salute.
La giustizia amministrativa ha annullato la decisione della prefettura che nel 2015 aveva disposto il divieto di detenzione armi nei confronti del ricorrente. Alla base della decisione degli uffici dell’Interno c’era il verbale di visita medica collegiale che “individuava la causa della declaratoria di inidoneità nel pregresso trattamento, nel periodo 2004–2009, con antidepressivo (venlafaxina) che il certificato del medico di famiglia giustificava con necessità urologiche (cura dell’eiaculazione precoce), ma che il collegio medico-legale riteneva incompatibile con l’idoneità al porto d’armi”.
Ma per il Tar il verbale risulta caratterizzato “da evidenti illogicità e manchevolezze”. Il medico di famiglia ha dichiarato ufficialmente che la venlafaxina non è stata somministrata per problemi psicologici, ma per curare l’eiaculazione precoce. Lo psichiatra interpellato non ha evidenziato problematiche di depressione o crisi di panico. Sono trascorsi otto anni dalla cura e nel periodo successivo non si è evidenziato alcun sintomo. Ecco perché non ha senso negare il porto d’armi a un cittadino che usava un farmaco per curare l’eiaculazione precoce, non certo dei disturbi psichici.