“Sicurezza e legittima difesa” era il tema di un interessante convegno che ha appena avuto luogo a Milano, organizzato dalla sezione locale di Movimento Forense, che ha potuto contare su ospiti illustri.
Tralasciando le parti che hanno toccato di riflesso il tema principale, e premesso che un estensivo resoconto del convegno verrà pubblicato su Armi Magazine, tre sono gli interventi che si possono condensare: quello di Roberto Maroni, presidente di Regione Lombardia e politico di lungo corso, quello di Fabio Roia, presidente della sezione Misure di prevenzione presso il Tribunale penale di Milano, quello di Alessandro Alfieri, segretario regionale del Pd Lombardia. Con alcuni distinguo non sostanziali, sono stati tutti concordi su una cosa: bloccare e bocciare il recente tentativo di riforma dell’istituto della difesa legittima, con i suoi richiami assurdi (subito divenuti impopolari) al “giorno” e alla “notte”, o agli stati d’animo che indurrebbero in errore (“Ma allora la difesa a casa propria è un errore?” – ha esordito la moderatrice).
I tempi sono cambiati
Voci concordi (non capita spesso) provenienti da politici di schieramenti lontani, spesso opposti, e da un alto magistrato chiamato a decidere “de libertate” dei cittadini indagati, talvolta proprio coloro che si sono difesi dai delinquenti usando armi da fuoco detenute in modo legittimo. Concordi soprattutto nel ritenere che i tempi e le situazioni sociali correlate sono talmente diverse da quando quelle leggi videro la luce (decenni or sono), che l’impostazione stessa degli istituti non può non tenerne conto. I crimini violenti ci sono sempre stati, è vero, ma un tempo in provincia si poteva dormire con le porte aperte, c’era una forte solidarietà sociale e di vicinato. I furti erano tali, perché i ladri cercavano sempre di evitare la presenza di persone; entravano a rubare quando le case (o i luoghi di lavoro) erano deserti. Oggi prevale la rapina, l’assalto criminale, l’uso indiscriminato della minaccia e/o delle violenza sulle persone. I gruppi di malviventi non considerano più il valore della vita umana, del diritto alla serenità a casa propria: entrano (spesso armi in pugno) e minacciano, picchiano, feriscono, uccidono senza farsi troppi problemi. Può la politica, e la magistratura aggiungo, trascurare tale involuzione? Può la legge non adeguarsi a tali mutamenti peggiorativi?
Contro la “riforma burla”
Non può, ecco la risposta unanime del convegno, quindi occorrono una riflessione, e auspicabilmente una riforma seria e meditata. Potrà venir meno il giudizio ex post, correlato all’indagine penale su chi si è difeso con le armi? Molto improbabile, perché secondo Fabio Roia, l’unica norma che impedirebbe una indagine sarebbe quella che legittimerebbe qualunque risposta (anche con la forza letale) verso qualsiasi tipo di violazione del domicilio, eliminando (dunque abrogando) la necessità del pericolo attuale e dei criteri di proporzione tra offesa e difesa. La volontà politica traspare: quella di affossare in modo definitivo la “riforma burla” votata alla Camera pochi mesi fa. Nessuno vuole approvare una riforma su un tema così delicato in periodo di campagna elettorale; gli scontenti (qualunque tipo riforma genera voci discordi, figuriamoci quella sulla difesa legittima) farebbero perdere voti… Dunque sarà la prossima legislatura a decidere: il tema della sicurezza sarà un argomento ancora più incandescente che in passato, un perno sul quale ruoteranno molte campagne elettorali, di fatto già partite.