Legale, riforma alla visita di leva e diniego di rinnovo-rilascio porto d’armi

Legale, riforma alla visita di leva e diniego di rinnovo-rilascio porto d’armi

Tra i vari motivi che oggi spingono alcune questure al diniego formale, troviamo anche quelli connessi al mancato superamento della visita per il servizio militare: viene citato anche un precedente giurisprudenziale del Consiglio di Stato. Ma le cose non stanno esattamente così.

L’iter di rilascio o rinnovo del porto d’armi ha assunto sempre più le sembianze di un terno al lotto, con un’alea di incertezza degna di un gioco di azzardo travestita da rigore formale. Ormai alcune questure aprono una vera e propria caccia alla macchia (sia pur minima) del potenziale titolare della licenza; trovata la quale non si fermano a riflettere ma procedono spediti verso il diniego, invadendo campi a loro non consoni o addirittura preclusi, cambiando le carte in tavole invalidando certificazioni mediche (sembra incredibile, allora perché non andiamo a farci visitare direttamente da loro?), inventando relazioni negative mai mostrate a nessuno, neppure dopo una formale richiesta di esibizione.

Appare chiaro che contro tale metodologia di procedere la sola difesa tecnica sostanziale, per quanto redatta in modo competente e professionale, non basta più. Occorre aprire una partita a scacchi andando ad anticipare e parare le mosse future, che vanno previste in modo non sempre facile.

L’idoneità psicofisica

Uno dei casi più curiosi (uso un eufemismo) capitati negli ultimi mesi riguarda un exdirigente di una nota multinazionale che, sorprendentemente, si è visto rigettare la richiesta di rinnovo del porto d’armi sportivo (il porto uso tiro a volo conseguito in tenera età) in quanto era stato riformato alla visita di leva 30 anni prima, nel 1992!

La questura aveva acquisito l’intera documentazione presso il distretto militare. Esistono ancora? La ferma di leva è stata abolita da decenni; da tempo viene concesso in base a una semplice autodichiarazione il porto d’armi anche agli obiettori di coscienza, che evitarono il servizio militare sul presupposto di essere contro le armi.

E oggires melius perpensa – sparano al poligono con buona pace dei nobili propositi di gioventù. Sia ben chiaro che non ho nulla contro l’obiezione di coscienza; anche il cambio di casacca (entro limiti leciti) è ben tollerato, in quanto solo gli imbecilli restano della stessa idea tutta la vita, soprattutto a fronte di certe evidenze.

Quello che riesce di complessa digestione è il modo di individuare le circostanze ostative, prevaricando campi che dovrebbero essere riservati ad altri, nella certezza di restare impuniti e con buone probabilità di riuscire nell’intento di togliere (o di negare) la licenza. In pratica la questura ha messo in dubbio la validità della certificazione medica attuale in quanto (a loro modo di vedere) sarebbe stata sottaciuta la riforma al servizio di leva.

Questo modo di ragionare mi dà sui nervi. In realtà nulla era stato celato, ma le risposte del medico di base (prima) e di quello militare (poi) erano state “chissenefrega della visita di leva di 30 anni fa, ti giudico ora per quanto risulta come anamnesi attuale e degli ultimi 10 anni”. Sembra un ragionamento corretto, tanto più che nel 1992 non era stata accertata alcuna patologia, non c’erano stati periodi di osservazione o di ricovero, nessun intervento di analisti o psichiatri.

Ma tant’è, per la questura quella vetusta certificazione valeva più di qualsiasi altra cosa. Vai a spiegare l’esistenza di una Commissione medica provinciale che decide proprio questi casi dubbi di idoneità psicofisica.

Peraltro la stessa questura, in altri casi da me trattati, aveva correttamente inviato il richiedente per un supplemento di esami (a sue spese e a discrezione della Commissione, qualche questura – sbagliando gravemente – dispone essa stessa gli esami da eseguire).

Nella memoria difensiva che va presentata entro 10 giorni, termine troppo breve per poter fare altro, era stato specificatamente chiesto di essere rinviati dinnanzi alla Commissione. Ci avrebbero pensato loro a disporre le verifiche psicofisiche che avessero ritenuto necessarie: sono là per questo.

Un vero precedente?

Invece la questura ha deciso (chissà perché) di sostituirsi, anzi bypassare la commissione medica basandosi su un precedente, unisolata sentenza del Consiglio di Stato (n. 2987/2014) che abbiamo esaminato senza riuscire a trovare una correlazione diretta con il caso di specie.

Unica circostanza in comune, che è data estrapolare, è la riforma dal servizio di leva. Non si capiscono le patologie di cui era affetto quel soggetto ma soprattutto non è dato sapere quanto tempo sia intercorso fra la dispensa dal servizio di leva (che è perdurato fino al 2005) e la richiesta di rilascio di porto di fucile uso caccia.

In breve: il Consiglio di Stato decideva, trattandosi di sentenza e non di parere (in quel caso particolare, non quale regola universale), che anche le certificazioni mediche relative al periodo di leva (ormai abolita da anni) potevano rientrare tra i documenti per valutare l’idoneità del soggetto che chiede la licenza. Peccato che la questura abbia dimenticato che nel caso in esame c’erano precedenti importanti:

  1. un enorme lasso temporale decorso dalla visita di leva a oggi, che peraltro non accertò alcuna patologia;
  2. all’epoca dell’esonero dal servizio militare (correva l’anno 1992) il soggetto aveva da tempo, circa 10 anni, una licenza di porto d’armi per uso tiro a volo, una pistola da tiro calibro ventidue con la quale sparava regolarmente al Tsn, i permessi per il trasporto dell’arma da casa al poligono (ricordiamo che negli anni Ottanta servivano anche quelli, le famigerate carte verdi).

Particolari insignificanti sui quali la questura è passata come un rullo compressore, notificando il diniego. Per fortuna non sono stati ritenuti tali dal Tar, come leggerete nel breve testo dell’ordinanza cautelare scritta dal presidente della sezione (forse lui verrà ascoltato).

La strategia difensiva

Il diniego è stato prontamente impugnato al Tar Lombardia in quanto l’ex manager non ci stava a passare per soggetto inaffidabile con potenziali turbe psichiche.

Ma questo – da solo – non sarebbe bastato per contrastare tale errato modo di procedere, invadendo campi altrui riservati alla scienza medica e alla psichiatria, dei quali un funzionario della questura sa poco o nulla e proprio per questo esistono figure tecniche cui viene demandata una diagnosi o un parere, che si fonderà non sulla discrezionalità amministrativa ma su evidenze scientifiche e mediche.

Dopo essermi consultato con un colonnello di un noto ospedale militare, che ha trattato migliaia di casi simili, e prima di notificare il ricorso, il soggetto ha ripetuto le visite mediche di rito, facendo mettere nero su bianco sul certificato anamnestico che era stato riformato alla leva.

Richiesta forse poco ortodossa ma necessaria a certificare (carta canta) che nulla era stato nascosto. Per la successiva visita medico legale di idoneità abbiamo scelto un medico capo della Polizia di Stato; per inciso: gli stessi che dovrebbero valutare la salute mentale degli appartenenti alle forze di Polizia.

Ottenuta piena idoneità anche da questo, il soggetto ha ripresentato ex novo la domanda di rinnovo del porto d’armi e abbiamo notificato il ricorso, chiedendo ai giudici la sospensiva del primo diniego, per evitare che la questura ne emettesse un secondo facendo copia e incolla dei motivi; talvolta accade, questo va evitato in quanto ci avrebbe messo in difficoltà.

La sospensione

Normalmente in questi casi i presupposti per la sospensiva mancano in quanto il pregiudizio per il ricorrente è molto sfumato. Tuttavia è stato sostenuto che l’eccesso di potere in cui era incorsa la pubblica amministrazione nel disattendere l’iter configura di per sé un pregiudizio grave per il ricorrente.

Oltre ad averlo costretto a ricorrere in via giudiziaria, giudizio che poteva essere evitato con un approccio meno ortodosso, si voleva evitare che la questura potesse invocare formalmente il diniego impugnato per disattendere la nuova istanza di rinnovo del porto di fucile presentata, reiterando le motivazioni oggetto di impugnazione sulle quali pende il ricorso.

Una sospensione che ha solo un effetto formale e che non rappresenta un vantaggio pratico per lo scrivente, ma impedisce un copia e incolla del primo diniego. Cosa che avrebbe effetti deleteri e lesivi per il ricorrente, che dopo avere seguito per due volte la normativa dettata sulla idoneità psicofisica e avere ottenuto da un medico militare e (da ultimo) da un medico della Polizia di Stato il giudizio di idoneità, rischia, in attesa della decisione sul merito, di dovere impugnare un secondo diniego.

Peraltro, concludevamo, se la nuova istanza di rinnovo della licenza sarà – invece – concessa, il ricorrente potrà rinunciare al ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, evitando la fase decisoria del merito.

Alla camera di consiglio del 7 settembre 2022 (Tar Milano sez. Prima – ord. 995/2022 – presidente estensore dottor U. Di Benedetto – inedita) l’istanza cautelare è stata presa in decisione e il giorno successivo è stata decisa la sospensione in via cautelare del primo diniego. Nel frattempo la questura dovrà decidere sulla seconda richiesta di rinnovo, come nota argutamente il Tar meneghino.

L’ordinanza

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (sezione Prima) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale XXXX del 2022, proposto da (omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato Fabio Ernesto Ferrari, con domicilio digitale come da Pex da registri di Giustizia; Questura di Milano, non costituito in giudizio. Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;

per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, del decreto di diniego rinnovo/rilascio porto di fucile uso tiro a volo emesso in data 1° giugno 2022 dal questore della provincia di Milano, notificato o comunque conosciuto dall’interessato in data 15 giugno 2022; degli atti a questo antecedenti e lo collegati.

Visti il ricorso e i relativi allegati. Visto l’atto di costituzione in giudizio di ministero dell’Interno. Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente; visto l’art. 55 cod. proc. amm.; visti tutti gli atti della causa; ritenuta la propria giurisdizione e competenza; relatore nella camera di consiglio del giorno 7 settembre 2022 il dott. Ugo Di Benedetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

ritenuto che sussiste la probabilità di un esito favorevole della causa in quanto il diniego di rinnovo, che preclude allo svolgimento di un’attività sportiva che parte ricorrente svolge da anni, si basa su una valutazione fatta in occasione della visita di leva militare di oltre 30 anni prima e non tiene conto della certificazione medica di idoneità del 6 settembre 2021 nonché di altra attuale certificazione di idoneità del 21 luglio 2022, prodotte in atti. Ritenuto che sussista il pregiudizio grave ed irreparabile in quanto il provvedimento impugnato preclude la continuazione dell’attività sportiva in essere; le spese della fase cautelare possono essere compensate sussistendo giusti motivi

per questi motivi

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (sezione Prima) accoglie l’istanza cautelare e fissa per il prosieguo la u.p. del 19 aprile 2023. Spese compensate. La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 7 settembre 2022.