La Fidasc invita le altre federazioni ad aderire a una campagna informativa in difesa delle armi sportive.
È finita l’epoca del basso profilo: la Fidasc è convinta che se non s’innesca una rivoluzione culturale sulle armi sportive si rischiano misure restrittive nel giro di poco; per evitarle è necessario che tutte le federazioni organizzino una campagna d’informazione che rompa l’associazione tra armi e violenza ed evidenzi invece il loro legame con “qualità preziose come autocontrollo, disciplina e concentrazione”.
Per la Fidasc l’errata percezione delle armi è dovuta innanzitutto “al permissivismo americano” la cui eco è così potente “da far diventare italiano ed europeo” un problema che non ci riguarda; pesano inoltre la (volontaria?) confusione tra armi civili e armi da guerra e poi “la presunta pericolosità intrinseca delle armi nelle pratica agonistica”. Ma a chi è minimamente dentro il sistema è chiaro che le varie specialità del tiro, con armi sia lisce sia rigate, “sono tra gli sport e le attività ricreative più sicure in assoluto”; negli ultimi dieci anni si contano infatti appena due incidenti gravi. La Fidasc ritiene infine che nell’opinione pubblica pesi in negativo la contrazione dei successi internazionali che le discipline di tiro hanno tradizionalmente regalato all’Italia. Occorre dunque tornare a comunicare; la presidenza Fidasc è pronta a convocare un’assemblea straordinaria al cui vaglio sottoporre le iniziative in cantiere.
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