Il Tar della Sicilia torna ad affrontare il tema del rapporto tra procedimenti penali e rilascio del porto d’armi.
C’è stato un periodo abbastanza recente nel quale la depenalizzazione di un reato era diventata il pane quotidiano di chiunque si interessasse un pochino alla politica di questo Paese. Se ne torna a parlare in questo caldissimo agosto dopo la sentenza del Tar della Sicilia che ha stabilito che la depenalizzazione di un reato non basta per ottenere, o riottenere, il porto d’armi. In altre parole: anche se il fatto non è più previsto dalla legge come reato, rimane nello storico della persona. Che non può produrre una nuova patente di affidabilità.
Lo ha scoperto un cittadino di Ragusa che, dopo il diniego del porto d’armi sportivo nel 2008 e una nuova risposta negativa nel 2012, aveva fatto appello al Tar. Ma i giudici di Catania hanno risposto che il ricorso contro il primo provvedimento è irricevibile – a prescindere da che cosa sia successo nel mezzo, è trascorso troppo tempo dalla decisione -; e che quello contro il secondo, emesso “alla luce delle decisioni del giudice penale”, è inammissibile, perché rappresenta solo una conferma della disposizione precedente, senza esprimere “alcuna rivalutazione della vicenda e delle sopravvenienze”.