Per criticare la pratica del tiro a segno a scuola bisognerebbe innanzitutto conoscere la realtà.
Non è la prima volta che accade e non è la prima volta che interveniamo sul tiro a segno a scuola; repetita juvant, soprattutto per smascherare la malafede. Se necessario lo scriveremo ancora. Pare che dietro la levata di scudi dei soliti (noti) perbenisti a oltranza, difensori delle anime candide dei nostri adolescenti, ci sia in realtà la classica bufala. Importanti agenzie avevano già smentito gli scoop dei quotidiani, ma il tamburo mediatico contro questo esecutivo è proseguito ugualmente.
Hanno attaccato a testa bassa, scomodando le tv, star di professione, ancor prima di verificare l’attendibilità della notizia. Basta questo fatto a qualificare la vicenda. È invece reale l’iniziativa che la Fitav rivolge ai giovani sul versante del tiro a volo sportivo, consultabile (indi a prova di smentita) sul loro sito ufficiale: «Avviato il progetto Care che porta il tiro a volo nelle scuole».
È evidente l’incompetenza di chi attacca a testa bassa (in malafede), senza neppure sapere di che cosa si potrebbe trattare in concreto. Il tiro a segno sportivo si pratica infatti tranquillamente in età adolescenziale con gli strumenti ad aria compressa di modesta capacità offensiva. Unite alle dimensioni dei bersagli e all’intrinseca alta precisione di questi strumenti, le distanze di ingaggio rendono difficile e appagante questo sport, che fa parte delle discipline olimpiche. Per spezzare il piattello serve ovviamente altro, come facilmente intuibile; ma evitiamo di spaventare questi angioletti con disquisizioni di balistica spicciola da bar dello sport.
La situazione all’estero
Ricordiamo invece che il Regno Unito, un Paese che ha requisito le armi corte e alcune tipologie di armi lunghe sottraendole forzatamente ai cittadini che le detenevano, consente e incoraggia (con appositi programmi scolastici) molte specialità del tiro a segno sportivo. E permette ai giovani di gareggiare nelle categorie fullbore anche nel tempio mondiale della lunga distanza, lo Shooting ground di Bisley.
Ciò equivale, fatte le debite proporzioni, a consentire a un neopatentato di gareggiare a Monza ottenute le debite autorizzazioni o sotto la supervisione di un istruttore. E non parliamo di quello che accade in Svizzera, dove si parla apertamente e senza falsità ipocrite delle modalità di affidare temporaneamente ai giovani i fucili in dotazione all’esercito (armi da guerra a tutti gli effetti, da noi vietate).
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