Nella normativa che regola il ritiro cautelare delle armi si riscontra una grave anomalia.
Nella realtà dei fatti si presta a molteplici abusi: l’esistenza di una norma (articolo 39 del Tulps) che autorizza il ritiro cautelare delle armi (anche intere collezioni) e licenze senza dettare un limite temporale alla efficacia del provvedimento e un termine per l’intervento del prefetto rappresenta una gravissima anomalia. Il fatto che il Tar del Lazio abbia opposto al ricorso la carenza del termine va letto come una conferma dell’anomalia segnalata; dovrebbe dunque essere rimossa o cassata dalla giurisdizione nazionale o comunitaria.
Questi casi sono sempre più frequenti e spesso ne abbiamo dato notizia, ricevendo pure qualche critica. Finché non tocca a voi (dita incrociate) siete liberi di non crederci; ma questo è uno degli incubi peggiori che possono accadere agli appassionati di armi e ai cacciatori. Spesso infatti nei casi di ritiro cautelare non si trovano enunciate motivazioni precise; occorre andare a tentoni, sperando di essere buoni veggenti e cogliere la ragione, sfumata o evanescente, di tale iniziativa.
Come affrontare l’ingiustizia
Qui sta la grave ingiustizia: non avere un interlocutore avanti il quale difendersi e non avere un termine su cui contare. È ignobile attendere inerti per anni un provvedimento che potrebbe, per assurdo, non arrivare mai. Intanto le armi non possono essere usate o detenute, non si può cacciare né praticare attività sportiva.
Ogni caso fa storia a sé; quando sono passate settimane o mesi e nulla si muove, diviene possibile inoltrare al Prefetto una richiesta di dissequestro e restituzione dei beni oggetti del ritiro cautelare. Essendo venuta meno ogni urgenza (che postula e richiede l’immediatezza del pericolo: non può esistere un’urgenza infinita) tale situazione è assimilabile a un sequestro. A questo punto la Prefettura si deve attivare e istruire la pratica per giungere all’archiviazione (in tal caso armi e licenze saranno rese) oppure all’emanazione di un decreto ex articolo 39 del Tulps, impugnabile entro 60 giorni. Se l’inerzia della pubblica amministrazione perdura saranno invece esperibili i rimedi previsti contro il silenzio amministrativo, che in tal caso si assume quale silenzio-inadempimento.
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