Il Consiglio di Stato ha chiarito che l’eventuale divieto di detenzione imposto dalla prefettura non può estendersi alla collezione.
Per le armi storiche, artistiche e rare vale un regime giuridico parzialmente diverso rispetto a quello delle armi comuni (la licenza ha carattere permanente; la legge ne vieta la distruzione senza il consenso di un esperto nominato dal sovrintendente per le gallerie competente per il territorio; solo il questore può disporre la revoca); pertanto l’eventuale divieto di detenzione imposto dalla prefettura non può estendersi alla collezione.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato (sentenza 4914/2024) accogliendo in parte il ricorso di una collezionista, incappata nella revoca della licenza di porto d’armi dopo esser stata condannata (reato estinto per oblazione) per detenzione abusiva di novantacinque munizioni e omessa denuncia del trasferimento di una pistola Beretta presso un indirizzo diverso.
Il divieto di detenzione dunque si applica soltanto alle armi per cui l’articolo 38 del Tulps impone l’obbligo di denuncia; non alla collezione di armi storiche, rare e antiche, per le quali peraltro la legge non può prevedere la confisca per distruzione come alternativa all’obbligo di cessione volontaria a terzi o di disattivazione: si rischierebbe infatti di compromettere «il valore storico-artistico del bene».
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