In una sentenza di qualche giorno fa la Cassazione designa il calcio del fucile come parte d’arma: ecco il commento legale.
L’ultima sentenza della Cassazione sul calcio del fucile come parte d’arma ce lo fa ripetere una volta di più: non c’è pace né serenità per i detentori di armi. Dopo la querelle, che speriamo risolta, sui bossoli usati di derivazione militare, ora è la volta del calcio del fucile.
Com’è possibile che il calcio del fucile sia da considerare parte d’arma? Viene il dubbio che non sappiano che ora c’è un articolo di legge, l’1-bis del decreto legislativo 527/92 per fortuna chiarissimo, che elenca le parti di arma (tra le quali non rientra il calcio); ovvero che non sappiano che cos’è un calcio. Non trovo la terza soluzione di comodo, per salvare capra e cavoli.
Da qualche giorno il Paese si è riacceso: la pandemia ha offerto il fianco alla chiusura dei tribunali. Per la maggior parte non funzionano, quindi il danno non è troppo percepibile; che volete sia uno dei tanti rinvii di sei mesi o giù di lì. Chi è abituato a sbrigare pratiche di contenzioso (soprattutto nel campo civile) ci ha fatto il callo ai rinvii, altroché emergenza Covid-19. In altri campi si tentano invece di implementare soluzioni ibride bordeline, laddove il rinvio non ci sta proprio, accelerando un processo telematico penale che prima o poi dovrà passare dalla fase sperimentale a quella effettiva.
Ometto ogni considerazione (ho perso qualche giorno vagando tra protocolli e istruzioni). Rilevo solo che, ovviamente per alcune fasi, basterebbe copiare e adattare quanto la giustizia amministrativa già prevede per il processo amministrativo telematico. Potrebbe essere il modo di alleviare la cefalea di chi trova già abbastanza complesso fare l’avvocato e non riesce a essere, nel contempo, un esperto di informatica.
Il calcio del fucile come parte d’arma: un’analogia evidente
Torniamo a palla sul calcio del fucile. Va da sé che se intendiamo la semplice calciatura, quindi non la parte del fucile a due canne (più raramente a tre) che integra le chiusure e le batterie, stiamo parlando di un pezzo di legno di essenza o in laminato, più o meno lavorato e rifinito. Ovvero di una analoga parte in altro materiale plastico composito, più o meno nobile, o in lega metallica (quasi sempre una lega di alluminio) con intagli, scavi e fresature realizzate con macchina utensile atte ad accogliere o a supportare la meccanica del fucile. O ancora: una semplice stampella posteriore, più o meno imbellettata dagli esperti del marketing, che si inserisce tramite boccole o viti su una porzione posteriore del castello dell’arma.
Qualificare tutto questo (il calcio) come “parte di arma” equivale a sostenere che gli sci degli Alpini, solo perché adottati dal valoroso corpo del nostro esercito, sono parti di arma da guerra. Non sto scherzando: di questo passo ci arriveremo presto se non si pone freno a tali nefandezze giuridiche.
Il calcio del fucile come parte d’arma: in realtà è un semplice accessorio
In verità il calcio, al pari (e ancor meno) di un puntatore red dot, è un semplice accessorio. Chiunque può farselo realizzare su misura dai pochi artigiani che ancora lo sanno fare. Inoltre, si può comodamente comprarlo in armeria o su internet senza alcuna formalità. Non serve essere maggiorenni per completare l’acquisto, non servono licenze e non occorre neppure avere un’arma sulla quale montarlo. Men che meno va denunciato. Si denuncia infatti l’intera arma, o la sua parte essenziale – non la calciatura. La sua detenzione è liberissima. E se non vi serve più lo potete smaltire tra i rifiuti in legno, in plastica, o metallici.
È sconsolante. Ma da un apparato burocratico che per ripartire vuole obbligare gli esercenti dei ristoranti a identificare la clientela, tenendo un registro delle presenze (dovranno anche scrivere che cosa abbiamo mangiato e se abbiamo gradito?), che cosa volete aspettarvi?
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