Il marchio slovacco Grand Power, importato in Italia da Paganini, allarga la famiglia delle conosciute K100 introducendo la P45 calibrata nel leggendario .45 Acp. In comune il funzionamento a canna rototraslante, che consente di abbassare la linea di tiro, riducendo rinculo e impennamento.
Per i lettori di Armi Magazine il marchio Grand Power non è una novità: sulle pagine della rivista abbiamo già proposto sia la prova della K100 (aprile 2014), sia la versione “da gara”, la X-Calibur (settembre 2016), traendone in entrambi i casi impressioni molto positive.
Del resto la bontà del progetto del giovane progettista slovacco Jaroslav Kuracina, fondatore dell’azienda di Salkova, nel cuore della Repubblica Slovacca, ha interessato un marchio prestigioso come Sti che aveva deciso di “arruolare” nella sua scuderia proprio la Grand Power K100, commercializzandola sotto il proprio marchio con la sigla GP6, e in particolare allestendo la versione “C”, con mire registrabili, mirino in fibra ottica e sgancio caricatore maggiorato.
I fatti hanno dato ragione all’azienda texana e la GP6-C si è dimostrata altamente affidabile e molto precisa, aggiungendo lustro al famoso marchio statunitense. Ora è nota la tendenza americana a trovare difetti e a snobbare armi non prodotte in loco, ma le doti dell’arma slovacca hanno messo a tacere qualsiasi pregiudizio.
Entrambi i modelli, però, hanno in comune, oltre al funzionamento, anche il calibro: sono in 9×21.
Ora, grazie alla disponibilità dell’importatore dell’importatore ufficiale Paganini, abbiamo potuto provare la P45, sorella maggiore della famiglia delle K100, camerata nell’amatissimo (soprattutto Oltreoceano) calibro .45 Acp.
Il nuovo fusto ha irrobustito il sistema
A distinguere questo modello è anche il fusto, chiamato Mk12. Rispetto all’Mk7 non ha più lo smontaggio che ricorda quello della Walther Ppk (si abbassa il ponticello nella parte anteriore), ma ha due levette in stile Glock che consentono di abbassare un blocchetto per liberare il gruppo canna-carrello. Ma la differenza non è solo pratica: il nuovo fusto ha irrobustito il sistema in modo da offrire un’adeguata resistenza alle sollecitazioni offerte dal calibro americano.
La P45 è venduta in una valigetta di plastica nera, che ha un occhiello vicino a una delle chiusure per poter essere bloccata con un comune lucchetto. All’interno, oltre all’arma, troviamo due caricatori, il manuale d’istruzioni, il tagliando di garanzia, uno scovolino, la chiave esagonale per agire sul grano di fermo della tacca di mira e, infine, un mirino in polimeri più basso di quello montato sull’arma.
Sollevando la pistola, restiamo favorevolmente colpiti dalla sua leggerezza, visto che pesa solo 870 grammi con il caricatore vuoto (per un confronto, basti pensare che la Glock 21, anch’essa in calibro .45, pesa 745 grammi).
Piace anche il fatto che abbia comandi ambidestri (compreso la leva dell’hold-open), aspetto apprezzato non solo dai mancini, ma anche dai destrorsi che vogliono provare a utilizzare i comandi con dita diverse da quelle dettate dall’abitudine. I comandi, inoltre, sono molto poco sporgenti: un plus notevole.
Il fusto è ottenuto da un materiale polimerico rinforzato con alta percentuale di fibra di vetro mentre le parti “termiche”, canna e carrello, sono in acciaio (al cromo vanadio la prima, al cromo nickel molibdeno, temprato e nitrocarburato il secondo), così come la culla che le ospita e le componenti dello scatto. Infatti, nella parte superiore del fusto è annegata una gondola monolitica in acciaio che supporta le guide di scorrimento del carrello, il perno di rotazione della canna (vedremo più avanti il suo ruolo nel funzionamento dell’arma) e il pacchetto di scatto. In particolare, il carrello presenta (solo nella parte posteriore) cinque alette inclinate di presa, che offrono un buon grip anche a mani sudate. La finestra d’espulsione è ribassata e svasata per agevolare l’espulsione del bossolo.
I vantaggi della canna rototraslante
Come la sorella K100, anche la P45 è una pistola a chiusura geometrica, basata sul principio della canna rotante, un sistema che offre elevata robustezza e, vantaggio non indifferente, una presa alta (più vicina all’asse della canna) della mano forte. Se le altre armi che lo adottano ripropongono più o meno i sistemi originali nati all’inizio del Novecento, modificati solo nella geometria e nella modalità di realizzazione, la Grand Power impiega un sistema inedito che risulta di realizzazione meno costosa, e altamente affidabile. Il cuore del sistema è nella conformazione dei piani deputati a far ruotare la canna: quest’ultima, infatti, non ha una vera e propria pista, né tenoni sporgenti, ma solo un ampio scasso ad andamento elicoidale che opera direttamente su un grosso perno trasversale, montato sul castello e libero di ruotare.
Semplificata ed efficace è anche la chiusura vera e propria, demandata ad un grosso anello interrotto ricavato sulla canna stessa: quando la canna ruota per chiudere, la parte sporgente va a incastrarsi nell’apposita mortisa realizzata sul cielo del carrello; così, quando quest’ultimo arretra, è proprio la zona interrotta dell’anello che va a costituire un piano che prosegue anche sull’ingrossamento cilindrico intorno alla camera di scoppio: tale piano guida perfettamente la canna e le impedisce di ruotare ulteriormente, bloccandola.
Scatto, sicure e mire
Il meccanismo di scatto, con cane esterno e grilletto leggermente arcuato in plastica, è ad azione mista: doppia sul primo colpo, e singola per i successivi. La doppia iniziale è molto morbida, e richiede uno sforzo (dichiarato) di 35-40 Newton (equivalenti a 3,5-4 kg), risultando fluida e ben gestibile, mentre la singola azione ha un peso che è di 25-30 Newton (2,5-3 kg), ed è netta e decisa.
Le due leve della sicura manuale hanno dimensioni contenute e non sono molto sporgenti, per non offrire eccessiva resistenza quando si deve estrarre e inserire la pistola nella fondina. In questo aiuta anche la piacevole realizzazione della sommità del carrello, molto arrotondata. Purtroppo, le leve della sicura non svolgono anche la funzione di abbatticane quando il cane è armato e si vuole tornare a sparare in doppia azione.
Non manca – e non potrebbe essere altrimenti in una pistola da difesa o destinata a un uso professionale – il blocco al percussore, che rende l’arma oltremodo sicura in caso di caduta.
Le mire della P45 sono di tipo tradizionale: il mirino polimerico è spinato, mentre la tacca di mira in acciaio, fissa e innestata a coda di rondine, è bloccata da un grano esagonale e ha una forma arrotondata per evitare impigliamenti e graffi o tagli scarrellando in velocità. Mirino e tacca dispongono di punti bianchi per l’uso in condizioni di luce scarsa; lo spazio ai lati del mirino traguardato nella tacca è praticamente perfetto.
Per chi non s’accontenta, il dust cover monta guide per installare attacchi per punti rossi o puntatori laser. Infine, la linea di mira è lunga 162 mm.
Grand Power P45: smontaggio… muscoloso
Il fusto Mk12 della P45 presenta il ponticello integrale al fusto stesso, invece che basculante del fusto Mk7. Per smontare la pistola, dunque, bisogna agire su un blocchetto che ha estremità rigate verticali visibili sopra l’attacco anteriore del ponticello: vanno abbassate per far scendere il blocchetto e consentire il completo arretramento del carrello che, giunto a fine corsa, deve essere sollevato per disimpegnare le guide di scorrimento.
A questo punto è possibile sfilare il gruppo canna-carrello, facendolo scorrere in avanti. Anche il rimontaggio richiede una certa forza, perché bisogna vincere la resistenza della molla di recupero, abbassando contemporaneamente il blocchetto tramite le due levette. Inoltre, bisogna anche avere l’accortezza di tenere la canna spinta in avanti e con la pista a camme rivolta verso il traversino presente sul fusto.
La prova a fuoco
Abbiamo messo alla frusta la P45 nella sezione di Tiro a segno di Legnano, sparando munizioni Fiocchi da 230 grani. Un plauso va innanzi tutto all’impugnatura.
Già dall’esame visivo emerge lo studio alla base delle diverse lavorazioni che presenta la superficie: il grip che offre è infatti ottimo. Inoltre, lo spessore è di medie dimensioni, in grado di essere impugnato comodamente anche da mani di medie dimensioni.
Altra voce positiva è quella delle sicure: la rigatura sulla sommità delle leve ne consente un’attivazione agevole.
Sul carrello mancano gli inserti di presa nella parte anteriore, ma non se ne sente la mancanza. Il ponticello squadrato consente di variare la presa della mano debole, portando il dito indice in posizione avanzata e facendo presa sulla parte anteriore del ponticello stesso. Curiosamente lo spazio lasciato libero dal grilletto molto arcuato non è molto: l’uso con i guanti è possibile a patto che non siano molto spessi.
Precorsa e riaggancio sono veramente brevi ed è possibile doppiare i colpi in tempi brevi e, soprattutto, senza uscire dal bersaglio.
Sparando, la sensazione è che l’arma si muova molto poco: merito soprattutto dell’impugnatura che consente una presa abbastanza alta, conseguenza della struttura a canna rototraslante. Inoltre, la precisione è risultata molto buona, sparando senza appoggio a bersagli cartacei, su una distanza di una quindicina di metri.
Abbiamo apprezzato le mire, e soprattutto il buon abbinamento tra mirino e tacca: lo spazio ai lati del mirino traguardato nella tacca è perfetto nel tiro meditato, ma anche adatto anche al tiro rapido. Efficace si è dimostrato anche il pulsante di sgancio caricatore, raggiungibile velocemente e senza esitazioni anche da chi non ha mani grandissime, e soprattutto utilizzabile sia con il pollice sia con l’indice (sul lato opposto) della mano forte.
Insomma, riposta l’arma nella valigetta, la nostra impressione è di aver utilizzato una .45 con reazioni poco più accentuate di una 9×21, e anche precisa.
Per concludere, ecco il prezzo: 1.099 euro.
© Gianluigi Guiotto – da Armi Magazine marzo 2017