I fatti accaduti negli Stati Uniti ripropongono per l’ennesima volta diverse questioni – come le gun free zone – riferite al possesso delle armi, diritto sancito dal Secondo emendamento.
Si possono grosso modo delineare due filoni di pensiero nel vasto ambiente geopolitico statunitense: in pochi Stati, e in numerose realtà urbane metropolitane, il numero di chi chiede un controllo sulle armi (talvolta un bando su alcuni tipi ritenuti “pericolosi”) è di un certo rilievo, e non potrà essere trascurato neppure a livello politico. Nella maggior parte dell’America extra – urbana, rurale, fatta di piccole città e territori ancora sconfinati, a basso tasso di affollamento, oltre che in molti Stati, il pensiero anti – armi o di gun control laws non attecchisce neppure per sbaglio. Qui sono fermamente convinti che possedere armi, oltre che essere un diritto costituzionale, corrisponda a una garanzia di libertà, ancor prima di essere mezzo efficace di autodifesa.
Gli scenari futuri
Ciò premesso, si possono delineare alcuni scenari futuri, che non sono stati esclusi neppure dal presidente Donald Trump. Sono in molti a chiedersi se ciò che temevano – e non è accaduto durante i mandati presidenziali dell’era dem di Obama – accadrà, invece, sotto la guida repubblicana, in teoria molto più favorevole e permissiva in fatto di armi al popolo. Staremo a vedere. Certo, due aspetti non possono essere minimizzati o sottaciuti: la questione dell’ampliamento dei controlli a taluni requisiti psico – fisici e quella sulle gun free zone, i luoghi dove per legge non si possono introdurre armi da fuoco. Con il primo si vorrebbe rendere più complesso l’accesso alle armi per soggetti affetti da patologie o disturbi della personalità, così da limitare la possibilità che persone instabili possano acquistare liberamente armi da fuoco, pur avendo la fedina penale pulita. È una misura marginalmente destabilizzante, probabilmente risulterà poco efficace in tanti casi, e forse è politicamente accettabile anche per le grandi organizzazioni pro – armi (Nra in testa). Resta – però – un intervento di gun control, come tale avversato a priori dalla maggioranza degli americani. Sulle gun free zone abbiamo scritto parecchio anche noi, da diversi anni; sono dibattitti triti e ritriti, per cui mi limito a porre una semplice domanda: perché tanti omicidi di massa (escluso quello gravissimo e recente di Las Vegas) avvengono solo in certi contesti? Perché l’autore è certo di poter agire indisturbato per un lasso di tempo sufficiente a ferire/uccidere numerose persone – visto che nessun individuo armato potrà contrastare il suo intento omicida, e che i tempi di intervento delle forze dell’ordine sono comunque di diversi minuti – nella migliore delle ipotesi. Eventi del genere non possono accadere (faccio un esempio) in un poligono di tiro, perché in tempi brevissimi il folle sarebbe neutralizzato e probabilmente ucciso; nei pochi shooting range dove sono stato, i range officer (i nostri commissari di tiro) girano con la pistola in fondina e il colpo in canna.
Sarà la volta buona?
Certo sarà difficile imporre insegnanti armati, anche se qualcuno ci sta provando con incentivi e corsi di addestramento. Ma un presidio di polizia, o di vigilanza armata, interno agli istituti appare fattibile: il personale addestrato, e gli spazi, non mancano certo nei campus e nelle grandi scuole americane. Fino ad oggi è mancato il proposito politico di agire: eliminare queste enclavi degli inermi, il cui significato rischia di divenire sinistro, sovvertendo di fatto i nobili propositi che hanno ispirato le gun free zone. Vedremo se questa sarà la volta buona.