Sullo scorso numero di Beccacce che Passione ho proposto alla vostra attenzione alcune riflessioni sull’opportunità di riconquistare, con i nostri cani da caccia, il palcoscenico delle prove di lavoro. Tra le righe, ho accennato al fatto che, allo stesso modo, i cani dei cacciatori dovrebbero tornare in forza a popolare i ring delle esposizioni cinofile, riservandomi di riprendere l’argomento. Ed eccoci qui…
Frequentando le expo, i rumors da parte dei cacciatori che presentano i loro cani sono sempre gli stessi: si vedono nei ring cani da caccia che con la caccia nulla hanno a che fare, talvolta proposti alla valutazione dei giudici da persone affatto interessate all’attività venatoria, e, in aggiunta, i cani che sono accompagnati dal libretto di lavoro hanno molto spesso soltanto la “classica” qualifica MB, necessaria per poter aspirare al campionato di bellezza. Si ricade poi sovente nelle solite discussioni sul valore delle expo così regolamentate, senza che poi, alla fine, nulla cambi.
E perché dovrebbe cambiare qualcosa?
In fondo un cane che a caccia va davvero non necessita anche di essere riconosciuto bello in un “concorso di bellezza”… Ma qual è il fine delle esposizioni cinofile? Parlando di razze da caccia, individuare i migliori soggetti costruiti secondo lo standard morfologico della razza di appartenenza, perché tali soggetti saranno sicuramente attrezzati con doti fisiche tali da garantire buone performance sul terreno. Le razze canine non sono state forgiate dalla selezione naturale, ma sono un “prodotto” dell’uomo per avere un ausiliare utile in alcune attività fra cui la caccia. La bellezza di un cane è quindi funzionale allo scopo per cui è stato creato, qualunque esso sia. Non è una questione di gusto… Ma il gusto personale è comunque una componente nel metro di giudizio in un ring. Fermo restando che lo standard definisce i canoni di bellezza, muovendosi nei paletti dettati da questo un giudice ovviamente e giustamente esprimerà, oltre a un giudizio oggettivo, anche una personale sensibilità. Per fare un esempio fuori tema, valutando le finaliste di Miss Italia è il gusto personale che alla fine determina la vincitrice di corona e scettro. E i gusti si formano. Le Miss Italia degli anni Cinquanta erano molto diverse da quelle del terzo millennio, il concetto di bellezza è sicuramente modificato da tempi, mode, costumi, consuetudini, ma certamente oggi come negli anni Cinquanta le gambe delle miss non sono certo storte, né le loro misure oltre i numeri che garantiscono l’armonia di un corpo… E allora se un rapporto di reciprocità tra la caccia con il cane da ferma e il mondo delle prove potrebbe sicuramente servire a restituire ai cacciatori e ai loro cani il ruolo di protagonisti nella selezione del cane da ferma, così la presenza di cani da caccia “cacciatori” nei ring delle esposizioni può contribuire a formare un gusto che premia quei soggetti che davvero posseggono quelle caratteristiche fisiche che costituiscono la base su cui costruire un buon cane da caccia.
Kalòs kai agathòs, cioè “bello e buono”, è un concetto antico
Un cane “buono” è un cane utile allo scopo per cui è stato selezionato. Un cane da caccia deve essere utile sul terreno, questa è la sua bellezza e la sua “bontà”. E anche in questo caso, come per le prove di lavoro, soltanto presentando i nostri cani possiamo contribuire a formare il gusto di chi giudica e di chi, anche se cacciatore non è, sceglie come compagno di vita un cane da caccia.
Tutto questo non è ovviamente un obbligo per nessuno, ma per chi poi parla, critica e giudica dovrebbe perlomeno essere un’ipotesi da non scartare. Perché la cinofilia possa essere davvero un palcoscenico utile per la selezione dei cani da caccia, i cani da caccia quantomeno dovrebbero essere tra i protagonisti dello show.
Concludo rubando le parole a un “cane famoso”… da caccia ovviamente! Dice Snoopy: se non ci piace dove stiamo possiamo spostarci, non siamo alberi.
© Viviana Bertocchi, editoriale Beccacce che Passione n° 5 2018