La caccia non è un’attività pericolosa. Almeno non più di molte altre. Purtroppo, però, gli incidenti accadono. Per evitarli basterebbe rispettare le norme di legge e affidarsi al buonsenso
La sicurezza a caccia è un tema sentito e dibattuto ma che troppo spesso si ripropone all’attualità a causa degli incidenti che funestano ogni stagione venatoria. Al netto delle peculiarità del territorio e delle forme di caccia praticate, che distinguono l’Europa meridionale da quella settentrionale e dagli altri continenti, è purtroppo tra Italia, Spagna e Portogallo che si conta il maggior numero di incidenti.
Certo, battute, braccate e monterie sono situazioni che presentano dei rischi in più che non la caccia di selezione, ma è evidente che il problema è generale, visto che anche la caccia alla migratoria o alla stanziale con il cane da ferma e da pelo non è esente da vittime.
In Nord Europa i comportamenti virtuosi dei cacciatori – che spesso eccedono volontariamente le imposizioni prescritte dalla legge – garantiscono situazioni di caccia sicure e rari episodi potenzialmente pericolosi.
1. Per il cacciatore a canna liscia
Ci sono alcune norme che prescindono dalla forma di caccia praticata, la prima delle quali – la più banale – impone di sparare solo in direzione sicura. Questo vale per la caccia a palla ma pure per quella a pallini. Il fatto che, nel caso del tiro ai volatili, si miri contro il cielo non può essere una giustificazione per attenuare il livello d’attenzione. Bisogna sempre considerare la posizione degli altri cacciatori e valutare con un minimo di approssimazione dove andranno a cadere i pallini. Ritrovarsi sotto una pioggia di piombo non sarà forse pericoloso (ci sarebbe da discuterne) ma è certamente sgradevole. In particolare per chi non ha alcun legame con la passione venatoria. Ancora maggiori attenzioni andranno tenute in considerazione da chi invece spari alla selvaggina da pelo.
2. Per il cacciatore a palla
Per il cacciatore a palla la situazione si complica a causa della portata dell’arma impiegata (chilometri per la carabina a canna rigata, centinaia di metri per il fucile a canna liscia) con effetti che vanno ben oltre il limite della percezione.
In questo caso è fondamentale valutare con grande attenzione dove andrà a impattare il proiettile sia nel caso si manchi il selvatico sia nel caso lo si abbatta e la palla prosegua la sua traiettoria.
Quindi non si spara mai quando il bersaglio è a cavallo di un crinale o quando dietro allo stesso non ci sia un parapalle naturale, possibilmente in terra e non di roccia. In questo contesto aiuta molto la possibilità di sparare da una posizione rialzata, così da avere un congruo angolo di incidenza con il terreno; è indiscutibile che la caccia da altana o palchetto sia molto più sicura che non quella con il cacciatore appostato a terra o che cacci alla cerca.
In ogni caso va tenuta in considerazione anche la condizione ambientale; in giornate di nebbia o di pioggia intensa, così come all’alba e al crepuscolo, la minor visibilità impone un’attenzione doppia.
3. Il caso del cinghiale
La caccia al cinghiale richiede numerosi accorgimenti supplementari. La legge ne prescrive alcuni, come ad esempio l’obbligo di indossare un abbigliamento ad alta visibilità. Personalmente non mi vergogno a utilizzare oltre al classico gilet safety orange anche un cappello dello stesso colore. Qualcuno potrà forse pensare che sembri un albero di natale, e qualche battuta in questo senso non è mancata, ma credo che queste forme di protezione passiva aiutino a evitare incidenti. E forse a salvarmi la vita. Cacciatori appassionati del mimetico, machisti e novelli Rambo sono quanto di peggio possa presentare il nostro mondo.
Assolto questo obbligo di legge, che sarebbe utile venisse esteso anche ai cani, è poi indispensabile seguire alla lettera le indicazioni del capo caccia, che in una caccia collettiva è il leader. Il capo caccia dovrà dare indicazioni intellegibili e precise. Sarà compito del postaiolo memorizzare la direzione del fronte della battuta, la posizione dei vicini di posta e il settore di tiro.
4. La definizione del settore di tiro
La definizione del settore di tiro è fondamentale per evitare situazioni di pericolo. La scuola classica parla di un’area di rispetto di 30° rispetto alle poste disposte sui due lati, una misura che si potrà calcolare con una discreta approssimazione spostandosi di 5 passi di lato e di 3 passi in avanti. All’interno di questa zona, non solo non si dovrà sparare ma si dovrà alzare l’arma durante la rotazione qualora si ritenga possibile ingaggiare l’animale una volta che abbia passato il fronte delle poste.
Individuato il proprio settore di tiro, sarà utile prendere dei riferimenti naturali (cespugli, alberi e quanto la natura mette a disposizione) e memorizzarli. All’estero, in nord Europa, ho spesso visto i settori di tiro delimitati da segni in vernice fluo sui tronchi degli alberi o bandierine applicate ai rami. Un’abitudine che mi piacerebbe veder replicata anche in Italia.
Una regola spesso disattesa è quella dell’obbligo da parte del postaiolo di rimanere sempre al suo posto fintanto che non gli venga comunicata la fine della battuta. Muoversi dalla propria posizione è la cosa più stupida che si possa fare. Così come sparare a un bersaglio in movimento, che magari sta solo sfrascando, senza aver identificato il bersaglio.
5. Caccia in stato di ebrezza
Un punto spesso argomento di discussioni infinite è quello dell’assunzione di alcol. La legge sul prelievo venatorio non ne parla e, pertanto, in caso di controllo si fa riferimento al tasso alcolemico massimo imposto dal legislatore in materia di guida. Un tasso che prevede un limite massimo di 0,5 grammi/litro nel sangue.
Due sono gli aspetti da considerare:
- il primo, di ordine generale, riguarda il rischio potenziale della perdita del porto d’armi. L’automobilista-cacciatore che ad un controllo dovesse risultare positivo al test, verrà sanzionato per la sua condotta in auto ma si troverebbe con ogni probabilità in grave difficoltà al momento di rinnovare la licenza di caccia.
- c’è poi la questione pratica, quella del cacciatore impegnato in una battuta. È noto che l’alcol è una sostanza psicoattiva in grado di interferire con le funzioni neuro-psichiche dell’individuo. I suoi effetti coinvolgono la capacità di attenzione e di concentrazione, i tempi di reazione agli stimoli e la capacità di giudizio. L’alcol porta, anche all’interno dei limiti legali, tendenza a comportamenti più rischiosi, riduzione del campo visivo ed euforia, stati incompatibili con una condotta responsabile. Sarebbe bene quindi astenersi completamente dal bere, anche se la caccia è un momento sociale di aggregazione. Ogni squadra potrà darsi un proprio regolamento e il caposquadra, rafforzato dalla presenza di norme condivise, potrà sanzionare i comportamenti scorretti, che evidentemente mettono a rischio l’incolumità di tutti.
6. Poi c’è l’educazione
Concludo questa trattazione sulla sicurezza a caccia menzionando qualche norma di buona educazione venatoria. Non si può far finta che l’attività che amiamo praticare è invisa a molti. I motivi di questa avversione potranno sembrarci ridicoli, pretestuosi, incomprensibili ma è nostro dovere rispettarli nel momento in cui – da cacciatori – chiediamo rispetto.
Segnalare con apposite tabelle l’area di una battuta, anche se non richiesto dal regolamento provinciale, il rispetto delle leggi e delle minime norme di prudenza in ogni comportamento, il rispetto della dignità dei capi abbattuti potrà forse, un domani, trasformare i nostri nemici in leali avversari. È una questione di buonsenso.