La notizia risale all’11 ottobre scorso. “Oltre mille esemplari morti di uccelli di specie particolarmente protette sono stati sequestrati dai Carabinieri forestali del Soarda…
… Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno degli animali, all’aeroporto di Orio al Serio, Bergamo. Otto cittadini italiani residenti nelle province di Bergamo e Vicenza sono stati denunciati per detenzione di specie particolarmente protette. L’attività è stata svolta di concerto con l’agenzia delle Dogane e Monopoli e con la locale compagnia della Guardia di Finanza. I carabinieri del Soarda, impegnati nell’Operazione Pettirosso a tutela del passo di avifauna migratoria proveniente dal centro e nord Europa e contro il bracconaggio a questo tipo di fauna selvatica, a seguito di indagini mirate su informazioni pervenute da canali internazionali dell’Arma, hanno effettuato controlli sui bagagli di alcuni passeggeri di un volo di linea proveniente dalla Romania”.
Questa l’informazione diffusa dall’Ansa, che ha avuto ampia risonanza su Tv nazionali (Canale 5, Striscia la Notizia, puntata 11 ottobre, servizio di Edoardo Stoppa) e su diversi blog e quotidiani nazionali e locali, che pesa come un macigno sulle teste dei cacciatori italiani. Tanto che anche in Romania la notizia del sequestro ha fatto scalpore e l’emittente televisiva rumena Pro Tv, occupandosi del caso, ha annunciato indagini da parte delle autorità di Polizia rumena; i cacciatori stranieri sono nell’occhio del ciclone.
Il Wwf poi, nel diffondere l’informazione, precisa che “gli otto cacciatori cacciatori italiani tornavano dalla Romania con la fauna protetta all’interno di grandi valigie. Oltre alle violazioni della normativa italiana, vale la pena ricordare che tutti gli esemplari sequestrati erano appartenenti a specie protette anche in Romania. In Romania, nazione membro dell’UE, la legislazione vigente vieta la caccia a tutti i piccoli uccelli a eccezione dell’allodola; è anche vietato l’utilizzo dei richiami acustici a funzionamento elettromagnetico”.
La Lipu ha prontamente commentato la vicenda diffondendo un comunicato stampa corredato da tanto di foto e video del sequestro, e annunciando attraverso la voce di Fulvio Mamone Capria, presidente della Lega italiana protezione uccelli, che l’associazione si costituirà “parte civile al processo contro questi cacciatori perché meritano una punizione esemplare. Se iscritti ad associazioni venatorie – conclude la Lipu – sarebbe il caso che questi bracconieri venissero espulsi dalle loro stesse associazioni”.
In queste righe non entro nel merito di una serie di temi e di riflessioni che possono scaturire da una tale vicenda; temi di cui spesso si parla e si discute. Certo è, però, che la considerazione della Lipu tocca un tasto dolente. Di fronte a situazioni come questa, perché dalle parole non si passa ai fatti e perché le associazioni venatorie non rispondono concretamente allontanando dalle fila dei propri tesserati chi si rende responsabile di atti illegali e anche eticamente discutibili come questo?
Il presidente di Federcaccia Gianluca Dall’Olio, recentemente intervistato da Samuele Tofani per Sentieri di Caccia (mensile edito, come Beccacce che Passione da Caff Editrice), ha parlato chiaro come – bisogna dargliene atto – sovente fa, e ha messo il dito nella piaga.
“Il bracconaggio è un atto illegittimo e come tale grave in senso assoluto e totale” ha affermato. “Noi non crediamo alle statistiche degli animalisti che sparano cifre poco attendibili in maniera tendenziosa, ma nondimeno abbiamo consapevolezza che esistono diffusi atti di bracconaggio. Le associazioni venatorie, compresa quella che io presiedo, sono rimaste indietro a livello di sanzioni. Non è così all’estero: gli atti di bracconaggio vengono resi pubblici. Con una mossa della stessa associazione venatoria che procede alla denuncia pubblica. Ma il nostro Paese vive da cinquant’anni una vera e propria competizione da tesseramento e ogni associazione cerca soprattutto di sottoscrivere più tessere rispetto alle altre. E quindi le reazioni concrete rischiano di essere più blande. Credo che il primo passo da fare sia la pubblicazione dei nomi dei bracconieri, di comune accordo con tutte le associazioni venatorie. O almeno di quelle più serie”.
Parafrasando Molière, non è solo per quello che facciamo che siamo ritenuti responsabili, ma anche per quello che non facciamo. Che questa vicenda, che ha fatto balzare all’onore della cronaca la caccia italiana e purtroppo non con una nota di merito, possa almeno servire a smuovere le acque e a far sì che, oltre ai molti cacciatori perbene che hanno pubblicamente espresso il loro dissenso, anche le associazioni di categoria passino dalle parole ai fatti. E soprattutto che serva a far sì che chi, responsabilmente, prende una posizione netta, non debba poi fare i conti con la defezione dei propri tesserati; anzi, dovrebbe essere premiato con maggiori consensi e sostegni.
Al momento in cui scrivo queste righe nessuna associazione venatoria si è ancora pronunciata sulla vicenda. Nel frattempo, una vasta operazione antibracconaggio in provincia di Macerata, coordinata dalla Polizia provinciale in collaborazione con le guardie venatorie volontarie di Federcaccia, Italcaccia e Arcicaccia, ha condotto al sequestro di dieci richiami acustici a funzionamento meccanico o elettromagnetico, posizionati per richiamare le quaglie in migrazione. E la DL Droni ha provveduto a “ringraziare” pubblicamente su Facebook un cacciatore che, nel Mantovano, ha scambiato un APR Mavic Pro per un uccello e lo ha… abbattuto. “Noi piloti siamo schedati, abbiamo l’obbligo della visita medica, di superare esami, i nostri droni si sa dove volano e quando” si legge nel post. “Ci sono anche tra di noi gli abusivi, che mettono a rischio persone e cose: noi piloti siamo i primi a denunciarli e a mantenere le distanze da loro. Certo è che sparare a un drone da 40 metri… Complimenti a chi ha rilasciato il porto d’armi a questo impavido ‘guerriero’. Manco il coraggio di fermarsi: si scappa via, in fretta, su una macchina verde. Speriamo vada a fare una visita oculistica, anche se il danno economico ormai lo ha fatto. Si ringraziano le forze dell’ordine, intervenute e che stanno cercando il… cecchino”.
Finché sarà la sola voce dei cacciatori corretti a denunciare fatti illegali e incresciosi, e finché i sindacati che li rappresentano non prenderanno provvedimenti drastici senza paura di perdere consensi, a nulla serviranno le belle parole, i convegni, gli slogan che dipingono i cacciatori come veri ambientalisti eccetera eccetera. Basterà un episodio come uno dei tanti citati a gettare fango sull’intera categoria. E se guardiamo i numeri, le persone denunciate ogni anno testimoniano come i reati venatori siano fenomeno diffuso. Nel 2016, infatti, sono stati 681 i reati venatori accertati dalla Forestale, passata poi nell’Arma dei Carabinieri. 246 commessi da ignoti, 435 da persone identificate. 465, più di una al giorno, le persone denunciate. 550 i sequestri penali, 83 le perquisizioni, 10 i fermi e gli arresti (fonte: Arma dei Carabinieri). La ferita risana, la cicatrice resta…