La disamina di una pistola – l’Amt Automag II cal. .22 Wmr – molto interessante nella sostanza quanto inutile, almeno in Italia. Ebbe invece discreto successo nel Paese d’origine, sia perché maggiormente godibile, sia perché è fatta dannatamente bene. Vediamola meglio
La storia dell’azienda produttrice è abbastanza travagliata. Nei primi anni ’70 il geniale Harry Sanford progetta una delle prime super automatiche della storia: la famosa e ricercata Automag, camerata per i calibri .44 e .357 Amp (che sta per Automag Pistol). Praticamente si tratta di un .44 Magnum Rimless (senza collarino d’estrazione, visto che deve essere sparato in una semiautomatica) e della sua versione a collo di bottiglia, con il colletto ristretto al .357”. Il progetto è strano e interessante, e viene sostenuto con ordini consistenti da Lee Jurras (pioniere nella caccia con arma corta) e dalla High Standard, che ne commercializza una versione marcata Hs. Dopo diverse vicissitudini, l’azienda diventa Amt (Arcadia Machine & Tools), che nel 1989 diventa Iai (Irwindale Arms Inc.) e infine Galena Industrial Inc. alla fine degli anni ’90.
L’Automag II
Alla metà degli anni ’80 l’Automag esce di produzione, più o meno quando cessa l’attività la Super Vel Corp., l’azienda di Jurras che è l’unica a produrre munizionamento (solo per un brevissimo periodo è stato proposto anche da Norma), ma l’eclettica mente di Sanford non si ferma. La produzione continua con cloni 1911 (di cui sono da poco caduti i brevetti) anche nella interessante e particolare versione Long Slide (con canna da 7” ½), resa celeberrima cinematograficamente dal film Terminator, dove uno spietato Arnold Schwarzenegger la utilizza per uccidere le sue prime vittime; ma non solo: viene costruita una copia della Browning Baby in scala sufficientemente maggiorata per accogliere la più efficace .380 Acp (modello che viene denominato Back Up, arma di scorta). È del 1986 la pistola oggetto di queste note, la prima nella quale viene rispolverato il nome Automag a cui viene aggiunto il suffisso “II”. In realtà col modello di cui porta il nome ha ben poco in comune: è un’arma destinata alla caccia ai piccoli animali (nocivi o edibili) camerata per il pepato .22 Wmr, che ha si prestazioni quasi doppie rispetto al .22 Lr, ma che definire realmente magnum è ridicolo. Infatti, grazie alle modeste pressioni della cartuccia, questa pistola si può affidare alla semplice chiusura a massa. Sanford è comunque dovuto ricorrere ad un piccolo stratagemma: per aspettare che il picco pressorio sia sceso a livelli sufficientemente bassi, nella camera di scoppio sono state praticate due serie di sei rientranze circolari che, grazie alla deformazione del bossolo, garantiscono il ritardo di apertura necessario. Questo sistema è ineccepibile, unica cosa è che rende l’arma piuttosto sensibile al munizionamento, tant’è vero che la stessa Amt includeva al manuale d’istruzione una lista delle cartucce che garantivano il cinematismo dell’arma. Per il resto la pistola riprende nelle impostazioni (angolo d’impugnatura, smontaggio e scatto in singola azione) della 1911. Completamente diverso invece il sistema di sicura: viene abbandonata la sicura dorsale, e quella manuale è sul carrello anziché sul fusto. Quest’ultima scelta è particolarmente azzeccata: non porta nessuna interferenza al pacchetto di scatto, ma viene inibita la possibilità del cane di raggiungere il percussore (che per altro viene bloccato in sede contro lo sparo accidentale dovuto a caduta), rendendo praticabile il tiro in bianco in tutta sicurezza.
Con canna da 6”
Le finiture dell’arma sono molto piacevoli e curate: la pistola è robustamente sabbiata, ma i piani del carrello sono spazzolati e danno un piacevolissimo tocco estetico. Di straordinaria qualità sono le mire metalliche della Millett, azienda leader nel settore. Impeccabile anche la realizzazione del caricatore, decisamente massiccio, in lamiera piegata di notevole spessore e con elevatore in materiale sintetico autolubrificante; la sua capacità è di nove colpi. L’esemplare descritto in queste pagine è quello con canna da 6” (la più lunga e l’unica sensata), ma erano disponibili anche una con canna da 4” e ½ e una compatta con canna da 3” e 3/8, che aveva tra l’altro anche l’impugnatura più corta e, conseguentemente, un caricatore della capacità di sette colpi.
Conclusioni
Nel nostro Paese è un’arma prettamente inutile, essendo proibita la caccia con l’arma corta ed essendo difficile praticare il plinking (tiro informale a bersagli reattivi) nell’assoluta legalità. Quand’anche lo fosse, la scarsa diffusione della cartuccia la rende molto onerosa, sinceramente più cara di una 38 Sp o di una 9×21 delle serie più economiche.
Resta comunque un pezzo particolare ed interessante, che non sfigura in nessuna collezione di armi moderne.
Box 1
Lee Jurras
Non parlare di Lee Jurras quando si parla di Automag sarebbe manchevole fino alla colpevolezza. Particolarissimo personaggio appassionato di caccia con la pistola, fondò anche il “Club de Automag”, e fu uno dei maggiori distributori del modello primigenio, oltre che unico fornitore del munizionamento con la sua Super Vel Ammo. Come si intuisce dal nome, era azienda specializzata nell’allestimento di munizionamento (da pistola), basata sul concetto di palle molto leggere spinte alla massima velocità, per massimizzare gli effetti devastanti delle palle espansive che montava.
Box 2
L’allenamento in bianco
Si dice allenamento in bianco la pratica di scattare a vuoto mirando al bersaglio o, comunque, a un riferimento. Ha diversi vantaggi: il più intuibile è l’economicità (non c’è la spesa del colpo), quello quasi altrettanto intuibile è il poterlo fare dovunque (all’interno delle mura domestiche almeno, in un parco pubblico potremmo allarmare qualcuno…) e a qualsiasi ora. Quello meno intuibile, almeno fino a che non lo si prova, è che sia una delle pratiche più utili per imparare a gestire lo scatto: non avendo infatti la tensione del colpo da esplodere, si riescono a percepire perfettamente tutti i tremori, gli strappi, gli errori e tutto quello che avviene durante la trazione del grilletto. Nelle armi a percussione anulare, come questa, ci possono essere problemi al percussore, che è molto più sottile e fragile di quelle a percussione centrale. Il sistema di sicura di quest’arma (l’unico che abbia mai visto fatto in questo modo), non incide minimamente sulla catena di scatto, ma impedisce in maniera categorica ed assoluta di raggiungere il percussore. Oltre ad essere a prova di qualsiasi sparo accidentale (blocca anche il percussore in modo granitico), permettere tranquillamente di sparare a vuoto, sia per abbattere il cane (che al rilascio della leva rimane in mezzamonta) sia di scattare in bianco a piacimento, senza correre il minimo rischio di frattura del percussore.
Box 3
Le varie Automag
L’Automag vanta una stirpe abbastanza lunga; vediamole in ordine.
- Automag I: l’originaria con otturatore a testina rotante comandata da presa di gas; disponibile in .44 Amp e .357 Amp.
- Automag II: l’arma oggetto di queste not.e
- Automag III: interessantissima pistola in .30 M1 Carbine; non ne ho mai posseduta una ma ne ho provate un paio, ed è una delle armi corte più divertenti che abbia mai testato.
- Automag IV: in 10 mm Automag (praticamente un 10 mm Auto in versione magnum) e in .45 Win. Mag.
- Automag V: camerata in .50 Ae; è nata per il grande interesse di questo calibro suscitato dalla Desert Eagle e dalle difficoltà di importare quest’ultima. È stata realizzata anche nell’interessantissimo .440 Cor – Bon, wildcat realizzato dall’omonima azienda di munizioni americana, ottenuto restringendo il colletto del .50 Ae a .429” (il calibro reale del .44 Magnum).
Dal modello III in poi, hanno tutte chiusura tipo Colt/Browning con canna oscillante.