In un’intervista a Firearms United, l’eurodeputata di ALDE Dita Charanzová rivela i retroscena sull’iter della Direttiva Armi. E pensa a un ultimo piano d’azione
“Dossier pesantemente politicizzato”. Pressioni della Commissione europea sull’Europarlamento. Emendamenti nella discussione finale e, nel caso, ricorso alla Corte di Giustizia europea. Sono i temi principali affrontati da Dita Charanzová, deputata al Parlamento europeo per il gruppo ALDE, in un’intervista concessa a Firearms United in merito alla Direttiva Armi.
La Commissione europea tra pressioni e scarsa padronanza dell’argomento
La Charanzová rende note le “enormi pressioni” della Commissione europea perché il testo “contenesse il maggior numero possibile di restrizioni”. E denuncia la mancata presentazione dell’Impact Assesment, il documento che calcola l’impatto complessivo di un provvedimento tra costi e benefici.
La scarsa competenza sull’argomento dei rappresentanti dell’esecutivo comunitario era già emersa nel corso della discussione. Ma ora torna alla ribalta nelle parole dell’europarlamentare ceca, secondo la quale “i rappresentanti della Commissione in fase di negoziato non erano preparati sulla materia. In un caso hanno addirittura cercato di rispondere a una mia obiezione citando una definizione presa pari pari da Wikipedia”.
L’unico provvedimento proposto e il caso della Francia
L‘unica carta da giocare in tema sicurezza e le esigenze della Francia. Charanzová riconduce a questi due motivi politici la posizione rigida della Commissione europea. La Direttiva armi “rappresenta l‘unica proposta di normativa che si propone di affrontare il problema del peggioramento della sicurezza”. E la corsa all’Eliseo sta condizionando l’intero impianto comunitario. “La Francia ha un bisogno disperato di presentare qualcosa ai suoi cittadini prima delle elezioni presidenziali del prossimo mese di aprile”.
Dita Charanzová: “Daremo battaglia”
E le pressioni continuano sempre più forti in vista della discussione finale. “Se gli europarlamentari si rifiuteranno di approvare il documento, saranno accusati di rifiutarsi di proteggere i cittadini europei dalla minaccia del terrorismo”. Ma la Charanzová è decisa a dare battaglia. Tentando di coinvolgere il suo gruppo e i colleghi nella presentazione di emendamenti che correggano le storture della legge. E cominciando a pensare a un ricorso alla Corte di Giustizia europea.