O almeno così si è difeso un cittadino umbro al quale il Consiglio di Stato ha revocato il porto d’armi per violazione della legge sulla droga.
L’aver viaggiato più di dieci anni fa con un amico che aveva acquistato 4,5 grammi di cocaina è motivo sufficiente per incorrere nel divieto d’uso delle armi. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 2404 pubblicata il 23 maggio. I giudici accolgono dunque il controricorso del Ministero dell’Interno contro un cittadino umbro che aveva vinto il primo ricorso al Tar dopo la revoca del porto d’armi.
La vicenda e la revoca del porto d’armi per violazione della legge sulla droga
La storia inizia nel 2015 e va ad agguantare un fatto di 9 anni prima, privo di conseguenze legali. Come nei classici, è un dettaglio a far scivolare una sull’altra le tessere del domino. L’uomo, le cui generalità sono coperte dagli omissis di rito a tutela della privacy, aveva regolarmente comunicato la variazione del luogo delle armi legittimamente detenute. Ma nel corso delle verifiche il prefetto di Perugia ha disposto un decreto che gli vietava l’uso delle armi. Il motivo? Un procedimento penale avviato nel 2006 per violazione della legge sulla droga.
E il Consiglio di Stato concorda con la prefettura. La sentenza del Gip, che peraltro aveva decretato il non luogo a procedere per non aver commesso il fatto, aveva comunque delineato le “abituali frequentazioni” del cittadino umbro con una serie di “soggetti coinvolti nel traffico di sostanze stupefacenti. Il contatto con il mondo del consumo e dello spaccio di sostanze stupefacenti non depongono a favore di una condotta irreprensibile e pienamente affidabile”. Ed è di questa patente di irreprensibilità e affidabilità che ha bisogno chi detiene delle armi.
Inutile il tentativo di difendersi con l’affermazione “che la sentenza non ha accertato alcuna responsabilità nella vicenda“. E che “l’unico errore è consistito nell’aver accettato un passaggio in macchina del soggetto che aveva acquistato gli stupefacenti, con il quale da allora l’uomo ha interrotto ogni frequentazione”. Non è sufficiente che l’amico si sia assunto la responsabilità del reato: l’uomo al quale è stato negato il porto d’armi “era pienamente consapevole delle intenzioni [dell’altro] di acquistare un certo quantitativo di droga”.
E anche se a livello penale ciò non integra in alcun modo un’ipotesi di concorso nel reato, per la giustizia amministrativa basta per dire di no al porto d’armi.