Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di un cacciatore e tiratore delle Marche. Niente restituzione del porto d’armi per uso sportivo.
La violazione della legge per la protezione della fauna è motivo sufficiente per perdere il porto d’armi per uso sportivo. E la convivenza con un figlio destinatario di un provvedimento restrittivo non migliora certo la situazione. A prescindere dalla residenza anagrafica: per accendere il sensore di allarme, basta che il congiunto si limita a frequentare l’ambiente. È la sintesi della decisione del Consiglio di Stato che nella settimana dopo Pasqua ha respinto l’appello di I.C., cacciatore e tiratore marchigiano, contro la sentenza del Tar. I giudici Balucani, Bellomo, Spiezia, Veltri e Fina convalidano la decisione del tribunale amministrativo delle Marche. I magistrati sottolineano infatti come l’estinzione del reato per oblazione, ossia col pagamento di una somma in denaro, di fatto confermi l’illecito.
“In entrambe le disposizioni”, ossia violazione della legge per la protezione della fauna e la frequentazione dell’ambiente da parte di una persona soggetta a provvedimento restrittivo, “non è richiesta la prova storica di un abuso delle armi”. È sufficiente l’esistenza di elementi “che fondino la ragionevole previsione di un uso inappropriato”.
Niente porto d’armi, quindi.