Si è svolto a Bergamo un incontro preparatorio di presentazione del progetto “Selvatici e buoni” sostenuto dalla Fondazione Una Onlus.
Il progetto è curato dall’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con il Dipartimento di veterinaria dell’Università di Milano e la Società italiana di medicina veterinaria preventiva.
Un’area test per una filiera tracciabile della selvaggina
L’incontro è stato finalizzato alla realizzazione del progetto nel Bergamasco quale prima area test, a livello nazionale, per creare una filiera tracciabile della selvaggina e valorizzare le potenzialità di quel territorio, in cui sono presenti oltre 13.000 ungulati selvatici (cervi, camosci, caprioli e cinghiali).
All’incontro hanno partecipato tutti gli stakeholder che saranno coinvolti nelle varie fasi di realizzazione del progetto: Polizia provinciale, Regione Lombardia UTR Bergamo, Istituto zooprofilattico sperimentale sezione di Bergamo, Agenzia tutela salute di Bergamo, Slow Food, Ascom Bergamo, Società italiana di medicina veterinaria preventiva, Studio AlpVet, sezione Cai Bergamo, presidenti dei Comprensori alpini e relative associazioni venatorie.
Le finalità del progetto
Maurizio Zipponi, presidente del comitato scientifico di Fondazione Una, ha illustrato le finalità del progetto Selvatici e buoni, che intende introdurre i criteri di tracciabilità, sicurezza alimentare, trasparenza e legalità all’interno della filiera della selvaggina, tanto pregiata quanto sottovalutata e che invece merita di essere valorizzata anche dal punto di vista economico e occupazionale.
A seguire Silvio Barbero, vice presidente dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, ha illustrato il progetto di filiera nelle sue fasi di realizzazione, ponendo l’accento sulle importanti qualità organolettiche della carne di selvaggina. Barbero, inoltre, ha sottolineato la necessità di garantire una filiera controllata, dal bosco alla tavola, che sia “buona, pulita e giusta”, con modelli comportamentali definiti, attraverso una nuova etica del cibo e nel pieno rispetto della legalità, combattendo così le frodi in campo alimentare.
E’ intervento poi Antonio Sorice, presidente della Società italiana medicina veterinaria preventiva, che ha sottolineato la necessità lavorare nella direzione della sicurezza alimentare anche nel settore delle carni di selvaggina.
Hanno quindi preso la parola il professor Paolo Lanfranchi, il dottor Luca Pellicioli e il dottor Roberto Viganò, che hanno illustrato nel dettaglio le fasi operative del modello di gestione sostenibile della selvaggina da mettere in atto nel territorio dell’arco alpino per valorizzare la carne e renderla sicura dal punto di vista igienico e sanitario.
A giugno prende il via la fase operativa
Si entrerà, attraverso incontri tecnici futuri, nella fase operativa del progetto, finalizzata alla realizzazione delle azioni previste, nel periodo giugno 2017 – dicembre 2018 (indagine sulle tradizioni gastronomiche, formazione ed educazione nell’utilizzo delle risorse, approfondimenti sanitari, analisi economica della filiera delle carni di selvaggina e sviluppo/promozione del prodotto finale).