In attesa del giorno in cui i riflettori – salvo repentini cambi di programma – si poseranno nuovamente sul Piano lupo, ecco le considerazioni dello zoologo Andrea Marsan sui contenuti del piano stesso e sulle criticità politiche e sociali nate intorno alla questione.
La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni
Ho letto con attenzione il nuovo Piano teso alla conservazione del lupo in Italia con un favorevole pregiudizio, anche se non bisognerebbe mai farsi influenzare da idee preconcette. Questo pregiudizio deriva dal fatto che gli estensori di questo progetto sono scienziati di alto livello appartenenti all’Unione zoologica italiana e al ministero dell’Ambiente. Tra queste persone c’è anche Luigi Boitani, la persona grazie alla quale il lupo non corre vorticosamente verso il declino e l’estinzione totale.
La conservazione del lupo è molto importante
Mi è piaciuto molto questo Piano, perché pone di fronte a tutti in primis l’idea che la conservazione del lupo è molto importante. E poi anche il fatto che questo splendido animale non debba essere solo “a carico” degli allevatori, che giustamente lamentano danni insopportabili per un’attività che già di per sé è poco redditizia e li costringe a un lavoro assai duro.
Prima la prevenzione
Mi è piaciuta molto l’idea di ricorrere prima alla prevenzione, attività che ha dimostrato negli anni di essere decisamente efficace. Quindi al risarcimento e alla lotta al randagismo, ponendo come ESTREMA misura la possibilità di abbattere qualche lupo se tutte le altre soluzioni non funzionassero. Il prelievo su un carnivoro all’apice della piramide alimentare è cosa assai delicata e conseguente a un piano approvato da Ispra e dalla Comunità europea.
Questo ha scatenato l’ira delle associazioni animaliste e di molte associazioni ambientaliste.
Comprendo il punto di vista degli animalisti: per loro gli allevatori sono sadici che, pur di realizzare profitti stratosferici, non esistano a torturare i poveri animaletti.
Mi sarei invece aspettato una reazione più composta dalle associazioni ambientaliste, che dovrebbero ricordare che in questi ultimi trent’anni ci sono molti casi documentati di bracconaggio sul lupo, che derivano spesso dalla situazione di abbandono, vero o presunto poco importa, in cui si trovano i manutentori del nostro paesaggio, coloro che pascolano vacche e pecore sui nostri monti.
Per queste persone il lupo rappresenta da 12.000 anni il vero “nemico” (fino agli anni Sessanta i lupari venivano visti come eroi). Probabilmente i pastori non riescono ad accettare l’idea che per qualcuno il lupo sia un animale totemico che non deve essere abbattuto a nessun costo.
Certe trasformazioni culturali non possono essere imposte da alcuni che vivono in città, che non temono il lupo e non lo temeranno almeno fino a quando questi canidi non cominceranno a “mangiarsi i barboncini”.
Un grosso piacere agli amministratori pubblici
“La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni” diceva Karl Marx e la probabile mancata attuazione di questo Piano lupo farà un grosso piacere agli amministratori pubblici che non saranno costretti a preoccuparsi di prevenzione o di risarcimento e, secondo me, aumenterà notevolmente il numero di lupi uccisi illegalmente da persone che vivono nel mondo rurale.
Evidentemente il motto si faccia pure purché non si dica continua a mantenere la sua validità sociale nella nostra nazione, vista in Europa come un Paese di bracconieri.