Considerata la frequenza dei rapporti, la conflittualità in famiglia (ma anche tra conviventi o vicini di casa) è di per sé motivo sufficiente a giustificare la revoca del porto d’armi.
È «un caso tipico», che giustifica la revoca del porto d’armi: considerata la frequenza dei rapporti, la conflittualità in famiglia o nei rapporti di convivenza e di vicinato tende infatti «ad acuirsi e a esasperarsi con il decorso del tempo»; pertanto, anche in assenza di un uso improprio, «a tutela dell’incolumità pubblica e privata» è inopportuno consentire che le armi restino nella disponibilità dei protagonisti del conflitto.
Lo ha ribadito il Tar del Lazio con una sentenza pubblicata ieri (è la numero 13249/2024): la querela sporta dall’ex convivente è di per sé sintomo di un clima psicologicamente non disteso e dunque di un contesto familiare non sereno, sufficiente a motivare la revoca della licenza per neutralizzare il rischio di un abuso.
Il Tar ricorda che il fatto ritenuto ostativo (= la lite) prescinde dall’esito del giudizio penale: la revoca della licenza è quindi indipendente sia dal ritiro della querela, sia dall’eventuale prescrizione o archiviazione del procedimento.
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