Quella delle pistole Glock è una storia avvincente che, come in ogni trama che si rispetti, mescola molti caratteri in un blending esplosivo. Ma è anche – e soprattutto – la storia di Gaston Glock, che è mancato il 27 dicembre 2023, all’età di 94 anni
Tre sono gli elementi che hanno portato al successo la creatura di Glock e a fare della sua azienda un esempio di buona imprenditoria: un progetto industriale straordinario, una strategia di marketing esemplare, l’audacia e la visione di un uomo. Il tutto, naturalmente, condito da un pizzico di fortuna. Gaston Glock, ingegnere austriaco classe 1929, a 34 anni fonda alle porte di Vienna una propria azienda (Glock Ges. m.b.H.) per la produzione di componenti, in plastica e acciaio, necessari per la produzione di radiatori di raffreddamento per autoveicoli. Uomo ambizioso, è sempre alla ricerca di nuovi settori ai quali estendere il suo campo d’interesse; nel 1970 inizia una collaborazione come fornitore per l’esercito austriaco (Österreichisches Bundesheer) per cui sviluppa e successivamente produce coltelli da combattimento (modello Fm 78), nastri per mitragliatrici, gusci per granate (Ühg e Shg) che realizza impiegando una pressa russa acquistata di seconda mano.
Dai coltelli alle pistole
L’evento che cambierà la sua storia e quella delle armi del secondo millennio avverrà poco dopo, nel 1979. La leggenda, perché di leggenda si tratta non essendo disponibile una gran mole di documentazione al proposito in virtù della riservatezza di Herr Glock, narra di un incontro fortuito tra lo stesso Glock e due colonnelli intenti a discorrere sull’esigenza del rinnovamento della dotazione da fianco del soldato austriaco che, in quegli anni, aveva ancora in dotazione la splendida ma ormai superata Walther P38. L’esercito era da tempo alla ricerca di una valida sostituita e, per la verità, l’aveva anche trovata nella Beretta 92, ma un ricorso di Steyr – azienda austriaca a partecipazione statale – aveva consigliato al governo socialista dell’epoca di invalidare i trial e di indirne di nuovi con rinnovate, stringenti specifiche tecniche da rispettare. È evidente, nella successiva decisione del ministero della Difesa, che l’obiettivo primario della mossa fosse quello di mettere in condizione l’industria nazionale (quindi la stessa Steyr) di presentarsi con un prodotto che potesse vincere il concorso.
Udita questa conversazione, Gaston Glock inizia ad accarezzare l’idea di presentare una propria proposta e si attiva per sviluppare un progetto. “Il fatto di non conoscere niente in fatto di armi – dirà in un’intervista successiva – era il mio punto di vantaggio”. Non avere processi industriali da ottimizzare e modelli di armi già in produzione, gli consentirà infatti di sviluppare il disegno della sua proposta partendo da un foglio bianco, senza limitazioni o condizionamenti di sorta. Banditi quindi nel 1980 i trial che dovranno portare all’identificazione della nuova pistola P80, Gaston Glock acquista un esemplare per ciascuno dei modelli più in voga a quel tempo (segnatamente Beretta 92F, Sig Sauer P220, Cz 75, Walther P38) e inizia a studiare una nuova pistola coinvolgendo un panel di esperti europei di vari settori del mondo armiero civile e militare. Raccolte le loro raccomandazioni, il 30 aprile 1981 brevetterà la sua pistola, denominata modello 17 in quanto diciassettesimo prodotto della sua storia industriale. L’arma soddisferà tutti i requisiti imposti dal bando e, abbastanza inaspettatamente, nel 1982 sbaraglierà tutti i concorrenti (Heckler & Koch P7M8, P7M13 e P9S, Sig Sauer P220 e P226, Beretta 92Sb-F, Fn Herstal con una variante aggiornata della Browning Hi-Power e l’austriaca Steyr con il suo modello Gb). Gaston Glock si troverà quindi con un ordine iniziale di 30.000 pistole in calibro 9 Para da consegnare entro l’anno successivo senza una struttura né gli strumenti necessari per soddisfarlo.
Si parte dal polimero
Glock non aveva mai prodotto un’arma ma aveva una grande esperienza nella lavorazione dell’acciaio e dei polimeri. E, per la sua pistola, decise di spendere le sue competenze. La nuova arma presentava vari elementi di novità sia a livello di materiali sia di meccanica. Per quanto riguarda i primi, Glock decise di realizzare il carrello dal pieno, partendo da semilavorati d’acciaio, e il fusto in polimero, un materiale fino ad allora considerato il sostituto povero di lavorazioni di qualità. L’uso della “plastica”, a inizio anni ‘80, era una scelta pionieristica anche se, per la verità, non inedita; vi erano infatti stati i tentativi di Heckler & Koch, che nel 1970 aveva utilizzato questo materiale per la sua pistola Vp70, di Remington, che nel 1966 aveva introdotto un calcio in polimero per la sua carabina Model 66, e nel 1959 di Exactor, che per le sue pistole Ram-Line aveva fatto un uso estensivo delle plastiche impiegandole in parte anche per la realizzazione della canna.
Dal punto di vista meccanico, la pistola Glock 17 si ispirava all’architettura della Browning Hi-Power, utilizzando quindi un sistema a chiusura stabile tipo Browning modificato, ma introduceva una serie di innovazioni pionieristiche, quali il sistema Safe Action basato su tre sicure di tipo automatico (contro lo sparo accidentale in caso di caduta, una sicura al grilletto e una al percussore). Soddisfatto il primo ordine per l’esercito austriaco nello stabilimento di Deutsch-Wagram, Gaston Glock otterrà una grandissima esposizione mediatica che gli permetterà di ottenere soddisfazioni quasi impensabili in tempi tanto ristretti. Nel 1984 sarà l’esercito norvegese, primo Paese Nato, a mostrare interesse per il prodotto e a scegliere la G17 per le sue truppe (che pure disponevano della Walther P38); come risultato, la G17 diviene un’arma da fianco standard con classificazione Nato e ottiene un proprio Nato Stock Number (1005-25-133-6775).
Dall’Austria all’America
Nel 1985 Glock riuscirà a penetrare il mercato americano con una propria sussidiaria (Glock Inc.) che sarà uno strumento potentissimo per la successiva affermazione del marchio; già nel gennaio 1986 le prime esportazioni verso gli States saranno destinate al settore del law enforcement. Nel 1987, con gli ordini che arrivano copiosi sia dall’Europa sia dagli Stati Uniti, Glock inaugura un secondo impianto di produzione a Ferlach, sempre in Austria, e avvia la produzione di un secondo modello a fuoco selettivo (G18), che sarà solo la prima declinazione di un’arma successivamente sviluppata in una moltitudine di varianti, di calibri (tra questi, il .45 Gap sviluppato appositamente da Glock per le sue pistole), di allestimenti e di versioni; l’ultima, la cosiddetta Gen5, rappresenta per ora la massima evoluzione di uno strumento che, disegnato più di 40 anni fa, mantiene un seguito e un’efficacia che armi di concezione ben più moderna non sono in grado di offrire.
(articolo tratto dallo speciale di Armi Magazine Le pistole Glock – Storia di un progetto visionario, 2020)
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