Colt Python 3” cal. .357 Magnum, il re degli snub nose

La letteratura specializzata e le riviste di settore si sono spesso occupate dei modelli Python a canna corta, definendoli i re degli snub nose

Poche armi contemporanee sono state oggetto di speculazioni, diatribe e leggende metropolitane come il Colt Python con canna da tre pollici. Vediamo perché

Il revolver a tamburo aperto mostra le sei camere in calibro .357 magnum; notare la scatola in cartone originale

Gli archivisti della Colt sono i primi ad ammettere che sul mercato esistono numerosi “falsi”; con ogni cautela del caso, consapevole di non essere depositario di verità assolute, tenterò di fare un po’ di chiarezza. Per coprire ogni possibile situazione è ipotizzabile una divisione in quattro “settori” di questi particolari revolver.

1) Colt riporta una costruzione di circa 1.100 esemplari di Python 3” in differenti lotti e in diversi periodi, soprattutto nei primi anni Ottanta. Tali armi, senza dubbio genuine, hanno una serializzazione standard e la sola scritta “Python”. Non è certo quando terminò la costruzione né se alcuni lotti furono ripresi e completati dal Colt Custom Shop.

2) 500 esemplari di “Combat Python” (così marcati) realizzati nel 1988 per Lew Horton, sia con finitura royal blue che nichelati. Questa può essere considerata una variante del tre pollici, anch’essa genuina.

3) Un numero imprecisato di revolver (c’è chi dice 200, ma potrebbero essere di più) con canna da 8” fu trasformato dalla Pacific International in altrettanti “Python .357 California Combat” mediante il taglio della canna a 3” e il rifacimento delle scritte e del mirino.

4) La Colt ha venduto canne da 3” come surplus e parti di ricambio ad alcuni grandi rivenditori; c’è chi ipotizza che con questi ricambi alcuni armaioli abbiano potuto modificare revolver esistenti con altre lunghezze di canna in “Python tre pollici”.

 

Un esemplare di pregio

A parte la foggia delle guancette in legno e la lunghezza della canna, l’organizzazione meccanica del revolver ricalca quella ben nota degli altri modelli

L’esemplare di Colt Python 3″ che presentiamo, costruito nel 1982, ha una brunitura perfetta, così come la satinatura opaca della parte superiore e degli organi di mira. Il revolver ha sparato (poco); si notano modeste sfiammature sulla faccia anteriore del tamburo e dove la canna va in battuta sul telaio, solo dopo un’attenta pulizia eseguita con olio per armi non aggressivo e tamponi di cotone. La riga dovuta all’attrito del tamburo durante la sua rotazione è modesta. Canna e rigature sono perfette; giogo, perno e stella dell’estrattore non mostrano segni di usura, da non confondere con i segni di utensile dovuti all’aggiustaggio manuale di queste raffinate armi. Tutte le parti minori come grilletto, cane, organi di mira, molla a doppia lamina, perni e leveraggi sono in condizioni ottime, e le viti non presentano segni di smontaggio forzato o con attrezzi non idonei. Le parti interne recano normali segni di lavorazione meccanica, ricoperti da una brunitura spessa e tenace. Tutte le scritte e i punzoni sono ben evidenti, integri e senza imperfezioni. Il revolver è corredato della sua scatola in cartone con interno in polistirolo espanso sagomato, del manuale d’istruzioni originale e di un attrezzo circolare multiuso che reca la scritta Colt e il logo del cavallino. Un pezzo privo di difetti? L’utilizzo accorto di un’arma non deve essere considerato un difetto: “a gun is a gun”. Semmai possiamo notare che una delle due guancette in legno presenta una colorazione più chiara rispetto all’altra e le cuspidi dello zigrino sono appiattite; un segno della lunga giacenza in appoggio della pistola.