Il Consiglio di Stato s’è espresso sulla possibilità di procedere al ritiro delle armi subito dopo il mancato rinnovo della licenza, a prescindere dal divieto di detenzione.
Non è necessario attendere il provvedimento che dispone il divieto di detenzione: già di per sé il mancato rinnovo della licenza può legittimare il ritiro delle armi. Lo ha chiarito la terza sezione del Consiglio di Stato (sentenza 1799/2023) respingendo il ricorso di un professionista campano; è dunque legittimo ciò che la prefettura aveva deciso e il Tar aveva convalidato dopo aver stabilito che non ci fossero i requisiti (di quello che la legge definisce «dimostrato bisogno» s’è molto discusso nelle ultime settimane) per rinnovargli il porto d’armi per difesa rilasciato sin dal 1996.
Già il Tar aveva riconosciuto al prefetto l’autorità di disporre il ritiro delle armi «in ragione del denegato rinnovo»; si tratta infatti «della logica conseguenza di quanto previsto dall’articolo 39 del Tulps e dall’atto di ritiro della licenza». A questa lettura s’associa anche il Consiglio di Stato; la legge, ricorda, consente infatti di «procedere al ritiro cautelare dell’arma senza che sia necessario adottare preventivamente il provvedimento che ne vieta la detenzione». Quest’operazione risponde infatti all’esigenza d’impedire che continui a detenere un’arma una persona cui non è più consentito; sul punto «è irrilevante la specifica ragione per la quale il titolo autorizzatorio è venuto meno».
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