Il governo sta trovando molte resistenze a rendere esecutivo il provvedimento che impone una stretta alle armi in Canada.
Le province e i territori fanno resistenza: il governo Trudeau faticherà a rendere esecutivo il provvedimento con cui intende imporre una stretta alle armi in Canada. Lo racconta il Washington Post in un lungo articolo di firmato da Amanda Coletta.
Dopo la mass shooting che nel 2020 portò alla morte di sedici persone in Nuova Scozia, il governo aveva deciso di mettere fuori legge 1.500 armi tattiche e militari e di ritirare i circa 150.000 esemplari in circolazione; in cambio i proprietari avrebbero ricevuto una cifra compresa tra i mille e i duemila dollari a seconda del modello e dell’età dell’arma. Fino alla fine di dicembre la procedura riguarderà i grossisti; da inizio 2023 si partirà, o si dovrebbe partire, con i proprietari privati.
Ma il condizionale è inevitabile. L’esecuzione del provvedimento è infatti affidata alle province e ai territori che in larga parte hanno fatto capire di non averne l’intenzione. La motivazione è triplice: la procedura implica un costo che molte province e territori hanno già detto di non potere o volere sostenere; da anni alcune province canadesi, su tutte Alberta (proprio qui, in Ontario e in Columbia britannica si trova gran parte delle armi da ritirare) e Saskatchewan, chiedono al governo di Ottawa maggiori poteri, e un tema come questo si presta bene alla lotta politica; e poi molti canadesi, legatissimi alle tradizioni venatorie, vedono male ogni possibile restrizione alle armi.
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