Sull’Amaca di Michele Serra comparsa su Repubblica del 12 ottobre c’è un passaggio critico sul rapporto tra armi, tiro a segno, Lega e fascismo.
Nell’Amaca di Michele Serra pubblicata su Repubblica di stamani c’è un passaggio che, eufemismo, decisamente non convince. A un certo punto si designa infatti la Lega come “partito del tiro a segno e delle armi da fuoco […], sindaci con la pistola […] e grande cordialità con i club del grilletto di tutta Italia”.
In sé la notazione è pacifica: è indubbio che la Lega, dalle posizioni sulla legittima difesa alla presenza dei suoi dirigenti alle principali fiere di settore, sia tradizionalmente vicina al mondo delle armi.
Il problema è il contesto in cui la notazione è inserita. Per Serra infatti la vicinanza al mondo delle armi è affine a un tatuaggio nazista, inserita tra le caratteristiche che rendono la Lega «vera e propria calamita per i fascisti delle ultime generazioni».
Serra è intellettuale acuto, solitamente lontano dai pregiudizi. Dispiace accorgersi che stavolta s’è dimenticato che il mondo delle armi è politicamente trasversale; che niente il tiro a segno ha a che fare col fascismo.
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