Tre giorni di caccia all’alce scandinavo coronate da pochi avvistamenti. Anche questo è parte di un gioco ancestrale, la caccia, che stavolta ci ha dato il pretesto di visitare lo stabilimento della svedese Norma e di immergerci in panorami inconsueti
Cosa: alce
Dove: Svezia
Quando: ottobre 2015
Come: carabina Browning A-Bolt Medallion calibro .300 WSM, ottica Swarovski Z6i 1,7-10×42, cartuccia Norma Oryx bonded 180 grs
Un ottobre inaspettatamente freddo, almeno per un europeo del sud, ci ha accolto in Svezia in occasione dell’annuale battuta di caccia organizzata da Norma. Ghiaccio, brina, incredibili giochi di luce sugli aghi dei sempreverdi, il terreno gelato, i mirtilli – superstiti testimoni di un autunno che deve pur esserci stato – gelati hanno fatto da cornice a tre giorni di caccia nella Scandinavia meridionale. La base è nei pressi di Torsby, cittadina della Svezia centrale, situata nella contea di Värmland, in un lodge tradizionalmente rosso che si affaccia su un lago. Se il clima è rigido, almeno il sole non ci abbandonerà mai, rendendo quantomeno godibili le uscite venatorie.
Siamo stati invitati a cacciare l’alce, il più grande cervide esistente, dotato di palchi imponenti (i palchi, palmati, possono raggiungere i 160 centimetri) e un’altezza media al garrese di 210 centimetri. È un animale maestoso ma goffo e pesante (i maschi superano la mezza tonnellata) il cui corto collo gli ha precluso il pascolo imponendogli un’alimentazione a base di germogli e foglie di salice e betulla e che ha una distribuzione circumpolare, legata alle foreste e ai climi più rigidi. Oltre che in Nord Europa lo si trova infatti anche in Nord America, dove raggiunge dimensioni ancora superiori, specie in Alaska. Nonostante che sia un animale di grandi dimensioni e non particolarmente veloce, che viaggia al trotto e solo raramente si spinge al galoppo, è un cliente molto difficile. La sua massa gli consente doti di incassatore non indifferenti e la mole può intimidire qualcuno; le statistiche dicono che in America è addirittura più pericoloso dell’orso bruno, un dato certamente influenzato dalla differente distribuzione dei due.
Resta comunque il fatto che le femmine sono molto protettive nei confronti dei piccoli e possono diventare aggressive quando si sentano in pericolo, causando appunto la morte degli incauti che le abbiano disturbate.
Le nove battute che realizzeremo nei tre giorni di caccia sono concentrate nelle aree di Martisfjäll, Hultberget e Gullbäcken, a circa tre quarti d’ora dalla base. Sono tutte di breve durata e, nonostante che le giornate comincino ad accorciarsi in maniera percettibile, si riesce a compierne tre al giorno, con i cacciatori posizionati al suolo, nelle aree di passaggio.
La dinamica prevede l’impiego di un numero variabile di battitori, comunque limitato a poche unità, ciascuno con un cane di razza jamthund. Le regole sono chiare, si può sparare unicamente ai piccoli (si fa per dire) e ai maschi, facilmente riconoscibili per la presenza del palco. Le femmine adulte vanno risparmiate. I cani, una volta individuati gli animali che stazionano nel folto della foresta, iniziano ad abbaiare fintanto che non riescono a causarne il movimento. Una volta che l’alce è partito, con il suo tipico trotto strascicato, quasi svogliato, terminano l’abbaio e lo seguono, silenti. È questo il momento in cui l’adrenalina sale e il cacciatore deve attendere la comparsa del capo. Quando arriva, spesso non resta che poco più di un attimo per fare fuoco perché l’alce, nonostante la sua mole poderosa, ha la capacità di muoversi in maniera tale da produrre il minimo del rumore.
I cani impiegati dai nostri driver sono di razza jämthund (swedish elkhound), classificata dalla Fédération cynologique internationale nel gruppo 5 (cani di tipo spitz e tipo primitivo) e riconosciuta solo dal 1946, poiché precedentemente associata al norsk elghund norvegese. Lo jämthund è il cane tradizionale per la caccia all’alce, pertanto deve essere resistente, energico e coraggioso ma, al tempo stesso, deve possedere doti di pazienza e calma, essendo la caccia a questo cervide abbastanza statica.
Nei tre giorni di caccia non siamo purtroppo riusciti ad avvistare nessun alce se non una femmina, alla quale era stato appena prelevato il piccolo dal cacciatore della posta limitrofa, procurandoci un po’ di sana delusione venatoria e tanta voglia di riprovarci. L’unico capo prelevato, un maschio di 6 mesi, pesava i suoi 90 chilogrammi e, una volta appeso per le zampe posteriori per la macellazione, superava di un buon metro l’altezza degli umani più alti. Quindi il recupero del capo, il suo trasporto e il trattamento della spoglia presentano problematiche alle quali non siamo proprio abituati.
NORMA factory tour
Due norvegesi in Svezia. Questo potrebbe essere il titolo del film sull’avventurosa vita dei fratelli Enger. Sul finire del 1800 fondarono in Norvegia un’azienda specializzata in munizionamento militare, Norma Projektilfabrik A/S, che in breve riscosse un successo tale da superare i labili confini dello stato scandinavo, andando a solleticare l’interesse dei cugini svedesi appassionati di caccia e tiro di precisione. Così, nel 1902, presero il treno, varcarono il confine e scesero a una delle prime stazioni svedesi, Åmotfors. Scoprirono una piccola realtà che ben si prestava a stabilire un’unità estera del proprio business. Come l’azienda madre la chiamarono Norma – tributo all’omonima opera di Vincenzo Bellini – vi trasferirono due macchinari e assunsero una dipendente. Sarebbe stato l’inizio di un’attività commerciale in grado di attraversare il cosiddetto secolo breve e, nonostante vari cambi nell’assetto societario, arrivare in salute e rafforzata all’appuntamento con il XXI secolo.
La storia industriale di Norma presenta una crescita lenta ma costante che la porterà, nel 1942, durante il secondo conflitto mondiale, a occupare oltre 800 dipendenti. La successiva fase di pacificazione (o di guerra fredda, come si preferisce) portò a un ridimensionamento della produzione che si convertirà nuovamente ai settori sportivo, venatorio e al tiro di precisione, che facevano parte del Dna aziendale fin dai suoi esordi. La produzione di munizionamento militare sarà scorporata dal core business fino ad essere trasferita in un altro stabilimento nel 1979.
Successivamente Norma subirà una serie di passaggi di proprietà che la porteranno, nel 1990, ad essere acquistata da Dynamit Nobel. Con l’acquisizione del marchio tedesco da parte di RUAG, avvenuta nel 2002, anche Norma finirà nell’orbita del colosso armiero svizzero nell’ambito del progetto che porta alla diversificazione del suo mercato. Oggi RUAG, anche grazie a Norma, ha portato al 47% il suo impegno nel settore civile, impiegando oltre 8.000 dipendenti nel mondo. Un fatturato prossimo ai due miliari di franchi lo pone di diritto tra i grandi del settore. Subito dopo il passaggio di proprietà, Norma inizia un processo di riorganizzazione aziendale che le permetterà di triplicare la produzione (intorno ai 30 milioni di cartucce l’anno) incrementando solo del 20% la forza lavoro.
Abbiamo avuto l’opportunità di visitare l’impianto produttivo in occasione dell’invito ricevuto per cacciare l’alce, lo scorso ottobre.
Lo stabilimento di Åmotfors, unico centro produttivo di Norma Precision AB, è dislocato in un’area pianeggiante, circondato dai boschi di betulla tipici del paesaggio scandinavo. Presenta un’organizzazione estremamente funzionale, divisa per dipartimenti, in un susseguirsi lungo la successione dei processi produttivi. La visita inizia dal dipartimento bossoli, nel quale vengono prodotti sia quelli che verranno poi caricati internamente che quelli venduti agli appassionati di ricarica; diviso in sette linee produttive, contraddistinte da un’importante componente manuale, provvede alla realizzazione di 110 calibri che spaziano dal .17 R al .505 Magnum Gibbs e includono il .22 rimfire.
Tutto inizia con un tondino d’ottone che, in otto passaggi, l’ultima macchina trasformerà nel bossolo finito. Parallelo a questa sezione è il dipartimento proiettili, in cui vengono prodotte tutte le palle a marchio Norma. È bene sottolineare che l’azienda ora svedese produce tutta la gamma pensabile per munizionamento da caccia e tiro, passando quindi dai proiettili convenzionali a quelli monolitici, che permettono l’offerta a catalogo di sette linee di munizionamento: Professional Hunter, African PH, American PH, Solid, Competition line, Jagtmatch e l’ultima nata, denominata Strike. Segue i primi due il dipartimento dedicato al caricamento, anche questo con una significativa componente manuale; si pensi, per esempio, che il top di gamma per la caccia ai grandi mammiferi africani, African PH, è assemblato totalmente a mano, cartuccia dopo cartuccia, con una pressa tradizionale.
In questo dipartimento abbiamo potuto osservare i macchinari che la gestione precedente a quella RUAG ha importato dall’Italia, specificamente dallo smantellamento di quell’importante attività aziendale che era la Società Metallurgica Italiana, uno dei tanti pezzi storici del manifatturiero italiano che non è sopravvissuto al XX secolo. Seguono i reparti deputati alle fasi finali della produzione, in particolare il packaging, agli studi balistici e alla realizzazione degli utensili impiegati nel processo produttivo, tutti lavorati internamente.
La gamma Strike
L’evento venatorio, riservato ai giornalisti delle maggiori testate europee di settore, è stato organizzato in occasione della presentazione della nuova gamma di munizionamento Strike, lanciata nel 2015. Nata per diventare una famiglia di munizioni particolarmente efficaci e rispettose dei dettami moderni, si pone l’obiettivo della massima efficacia terminale e lo fa, per ora, con due caricamenti, uno meno convenzionale dell’altro.
TipStrike è il primo componente di questa famiglia. Si avvale di una palla camiciata con nucleo in piombo e tip polimerico studiato per iniziare l’espansione con un leggero ritardo aumentando così la penetrazione e il trasferimento d’energia. Un anello realizzato all’interno della camiciatura favorisce al tempo stesso alti livelli di ritenzione della massa, per effetti devastanti in tutte le tipologie di caccia dove è necessario un immediato ed elevato valore di stopping power. Secondo le dichiarazioni del produttore, si tratta di una cartuccia pensata specificamente per la caccia in battuta.
Il secondo caricamento si chiama EcoStrike ed è di tipo atossico, realizzato in lega di rame con una finitura nichelata studiata per minimizzare i depositi in canna e lo stress della stessa. Anch’esso fornito di tip, presenta una cavità architettata in maniera tale da consentire una cospicua espansione anche a basse velocità. Questa caratteristica, unita al disegno boat tail, tradisce una destinazione più consona al tiro di selezione che non a quello in battuta, generalmente effettuato a distanze ravvicinate.
L’esito non particolarmente fortunato della cacciata, un solo abbattimento in nove battute condotte da una trentina di cacciatori, e l’opportunità di insidiare un selvatico particolarmente massiccio non ci hanno permesso di testare questo munizionamento sul campo. Si pubblicano quindi, per comparazione, le tabelle balistiche in .308 Winchester dei due nuovi caricamenti paragonati a due simili per destinazione e peso di palla, sempre di produzione Norma.
Da Cacciare a palla 3 marzo 2016 di Matteo Brogi
EcoStrike | TipStrike | Oryx | Kalahari | |
Calibro | .308 Winchester | |||
Peso palla (grs) | 150 | 170 | 165 | 150 |
Coefficiente balistico | 0,42 | 0,45 | 0,33 | 0,30 |
V0 (m/s) | 860 | 800 | 835 | 870 |
V100 (m/s) | 788 | 736 | 746 | 771 |
V200 (m/s) | 719 | 675 | 663 | 678 |
V300 (m/s) | 654 | 617 | 585 | 592 |
E0 (J) | 3.589 | 3.522 | 3.728 | 3.673 |
E100 (J) | 3.012 | 2.981 | 2.978 | 2.882 |
E200 (J) | 2.511 | 2.507 | 2.351 | 2.231 |
E300 (J) | 2.078 | 2.093 | 1.833 | 1.702 |
Caduta a 100 m (cm) | 0 | 0 | 0 | 0 |
Caduta a 200 m (cm) | -118 | -141 | -139 | -120 |
Caduta a 300 m (cm) | -425 | -497 | -503 | -445 |
BIO
Matteo Brogi è il coordinatore editoriale di Cacciare a Palla e di Cinghiale che passione, l’altra rivista edita da CAFF dedicata alla caccia di selezione. Giornalista, fotografo ed esperto di armi in virtù di una passione nata sin da ragazzino, negli ultimi mesi si è dedicato alla prova e alla recensione di carabine come la Merkel RX.Helix Exlorer e delle più diverse ottiche da caccia tra le quali spiccano lo Steiner Nighthunter Xtreme 3-15×56, lo Swarovski X5i 3,5-18×50 P e lo Zeiss Victory SF 8×42.